lunedì 22 luglio 2013

Incomunicabilità fra uomo e uomo-Nietzsche "la volgarità" tratto da Al di là del bene e del male..

268. Che cos'è infine la volgarità? - Le parole sono notazioni per
indicare concetti; ma i concetti sono segni più o meno figurati
per indicare sensazioni spesso ritornanti e ritornanti assieme,
per gruppi di sensazioni. Non basta ancora, per comprendersi l'un
l'altro, che si usino le stesse parole; occorre usare le stesse
parole anche per lo stesso genere di esperienze interiori,
occorre, infine, avere vicendevolmente "in comune" la propria
esperienza. Perciò gli individui di "un unico" popolo si
comprendono tra loro meglio di quelli appartenenti a popoli
diversi, anche quando costoro si servono dello stesso linguaggio;
o piuttosto, quando esseri umani hanno vissuto insieme a lungo in
condizioni eguali (di clima, di terreno, di pericolo, di bisogni,
di lavoro), "nasce" da tutto ciò qualcosa che «si comprende», un
popolo. In tutte le anime un eguale numero di esperienze spesso
ritornanti ha preso il sopravvento su altre esperienze
verificantisi più di rado: sulla base di queste ci si comprende
rapidamente e sempre più rapidamente - la storia del linguaggio è
la storia di un processo d'abbreviazione -; sulla base di questa
rapida comprensione ci si lega strettamente, sempre più
strettamente. Quanto più grande è la condizione di pericolo, tanto
più grande è il bisogno di accordarsi facilmente e rapidamente su
quel che è necessario; non fraintendersi nel pericolo è ciò di cui
gli uomini non possono assolutamente fare a meno per i loro
rapporti. Si fa questa prova anche in ogni amicizia e relazione
amorosa: nulla di tutto questo ha durata, appena si scopre che uno
dei due, pur dicendo le stesse parole, sente, pensa, sospetta,
desidera, teme in modo diverso dall'altro. (La paura dell'«eterno
fraintendimento»: è questo quel benevolo genio che tanto spesso
trattiene persone di sesso diverso da unioni troppo affrettate, a
cui consigliano sensi e cuore - e "non già" un qualsivoglia
schopenhaueriano «genio della specie» -!). Quel gruppo di
sentimenti che all'interno dell'anima è più rapido nel destarsi,
nel prendere la parola, nel dare ordini, decide sull'intera
gerarchia dei suoi valori e finisce per determinare la sua tavola
di beni. Le valutazioni di un uomo tradiscono in parte la
"struttura" della sua anima e denotano in che cosa essa ravvisa le
sue condizioni vitali, le sue peculiari necessità. Posto adunque
che le necessità abbiano da tempo immemorabile avvicinato tra loro
solo uomini che potevano indicare con segni eguali eguali bisogni,
eguali esperienze, ne risulta, in totale, che la facile
"comunicabilità" delle necessità, vale a dire, in definitiva,
l'esperienza di eventi interiori esclusivamente di livello medio e
"comuni", deve essere stata la più violenta tra tutte le forze che
hanno tenuto in loro balìa gli uomini sino a oggi. Gli uomini più
simili e più ordinari sono stati e sono sempre in vantaggio,
quelli più eletti, più raffinati, più singolari, i più
difficilmente comprensibili, restano facilmente soli,
soggiacciono, nel loro isolamento, alle sciagure e di rado si
trapiantano. Occorre appellarci a immense forze contrarie, per
potersi opporre a questo naturale, troppo naturale "progressus in
simile", la prosecuzione dell'uomo nel simile, nel consueto, nel
medio, nel gregario - nel "volgare"! -

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