martedì 30 giugno 2015

Mistificazione della realtà

Tutte le grandi testate italiane danno a Syriza l'etichetta movimento antieuropeo populista quando non è mai stato nessuno delle due cose, più semplicemente un movimento socialista. È la distorsione della realtà per trovare un disallineato dall'idea imperante e colpirlo duramente. Scandaloso eppoi é accusare Tsipras di eresia,nell'aver indetto un referendum; Dio bono a chi chiedi se vuole fare sacrifici se non a chi deve farli? La democrazia che valore aggiunto ha, se decide Junker per tutti.

lunedì 29 giugno 2015

Sulla Grecia...forza Tsipras

Se la Grecia esce per la miopia della classe dirigente Europea,una stella alla volta l'Europa si spegnerà. ps: le quote dei migranti-rifugiati ripartite fra i paesi non sono vincolanti e da decidere fra due mesi, significa che il problema rimane nostro grazie Eurogruppo.

La Grecia non ha nemmeno il tempo di esprimersi con un voto popolare sulle misure prese dall'Eurogruppo. La stupidità della questione è ridicola, se un credito è inesigibile non è aumentando le rate che il problema si risolve, va ristrutturato come ha sempre detto Vaurofakis. Si mette il paese in condizione di crescere e si prende quello che può ridarti. Nella situazione Greca, l'Europa ha colpe innegabili visto che lei ha certificato i bilanci e dato i prestiti a una classe politica filo Europea e filo Troika. Ha coinvolto il FMi mentre poteva benissimo lasciarlo fuori in questo modo ha esternalizzato il disastro. Questa Europa non solo è dannosa, stupida, miope e contraria al benessere dei popoli ma è inutile. Vediamo come andrà a finire, ma già da ora L'Europa è solo un nome di un aggregato di individualismi egoisti che opprime il più debole e rende i più forti i padroni del gioco.
Tsipras: «Sopravviveremo»
Mentre i cittadini affollano gli sportelli bancari, anche il premier cerca di rasserenare gli animi: «Qualsiasi decisione l’Eurogruppo prenderà, il popolo greco avrà ossigeno fino alla prossima settimana e sopravviverà», ha detto in un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con il presidente francese Francois Hollande. Il premier avrebbe sottolineato ai suoi interlocutori che «la democrazia è un valore basilare in Grecia e che il referendum si terrà qualsiasi cosa l’Eurogruppo decida»

"Si può superare in Europa la frattura tra il ricco Nord e il Sud in sofferenza? Sarebbe sicuramente un disastro se si introducesse un euro del Nord e un euro del Sud. L’euro è stato un mezzo per costringere un Paese come l’Italia a rispettare la disciplina di bilancio, come è successo quando ero presidente del Consiglio. Se l’euro si sfaldasse, sarebbe la fine. L’Europa meridionale sarebbe costretta a una svalutazione fino al 100%, e la competitività della Germania sarebbe strangolata. L’Europa perderebbe gran parte della sua rilevanza verso l’estero. In Cina, che conosco bene visto che là ho insegnato, l’Europa esercitava una forte attrattiva. Adesso non è più così."


giovedì 18 giugno 2015

E' una scelta politica...

I debiti fatti da banchieri privati sono già stati scaricati sul pubblico e gravano sul bilancio europeo; senza chiedere il permesso a nessuno. Non mi ricordo di un intervento del FMI che sia mai andato a buon fine; il paese è sempre fallito nonostante sacrifici assurdi fatti. I banchieri truffaldini, che in combutta con una classe politica balorda, hanno creato il disastro; hanno preso la buona uscita milionaria, invece di fallire come tutti i creditori cretini (basta pensare alla storia dei Bardi è giusto che il creditore che sbaglia fallisca). Dobbiamo essere consapevoli che se la Grecia viene lasciata morire è una scelta politica; è una scelta politica che significa che il popolo può essere sacrificato per il bene di un sistema che è fatto da furbi; questo non è capitalismo, questa è la legge del più forte. Se questo accade, allora non dobbiamo più avere dubbi va tutto distrutto e l'Europa è solo un'altra sovrastruttura di cui possiamo fare a meno.

“Il sostegno finanziario alla Grecia è una decisione politica che deve essere presa dai decisori politici eletti e non dai banchieri centrali“. La soluzione “deve essere trovata all’interno dell’Eurogruppo”. 
Poi è buffo che anche un banchiere l'ha detto: Draghi, che è tutta una scelta politica......vediamo che Europa scelgono di essere.

giovedì 11 giugno 2015

Il Gene Egoista di Richard Dawkins


Che cos’è l’uomo? Dopo aver posto  quest’ultima domanda, l’eminente zoologo G.G. Simpson così scrisse: “ La mia opinione è che tutti i tentativi di rispondere a questa domanda compiuti prima del 1859 sono totalmente privi di valore e che faremmo meglio a ignorarli completamente”

Adesso si trovano  in enormi colonie, la sicuro all’interno di robot giganti, fuori dal contatto con il mondo esterno, con il quale comunicano in modo indiretto e tortuoso e che manipolano a distanza. Essi si trovano dentro di voi e dentro di me, ci hanno creato, corpo e mente, e la loro conservazione è lo scopo ultimo della nostra esistenza. Hanno percorso un lungo cammino, questi replica tori, e adesso sono conosciuti sotto il nome di geni e noi siamo le loro macchine di sopravvivenza.

Ma una molecola di DNA potrebbe teoricamente, vivere sotto forma di copie di se stessa per cento milioni di anni. Inoltre, proprio come gli antichi replica tori nel brodo primordiale, copie di un gene particolare possono essere distribuite in tutto il mondo. La differenza è che le versioni moderne sono ben protette all’interno dei corpi della macchina di sopravvivenza.

Il gene è l’unità di base dell’egoismo.

D’altra parte, un gene che fa sviluppare il cancro in un corpo nell’infanzia non verrebbe passato per niente. Allora, secondo questa teoria, il decadimento senile è semplicemente un sottoprodotto dell’accumulo nel pool genico di geni letali e semiletali tardivi, che hanno potuto scivolare fra le maglie della rete della selezione naturale semplicemente perché sono tardivi.

L’evoluzione della capacità di simulare sembra aver raggiunto il culmine con la coscienza soggettiva. Perché ciò debba essere successo è, per me, il mistero più profondo della biologia moderna. Non c’è ragione di ipotizzare che i computer elettronici siano consci quando simulano, anche se dobbiamo ammettere che ciò in futuro possa avvenire. Forse la coscienza nasce quando la simulazione celebrale del mondo diventa così completa da includere un modello di se stessi.

Il comportamento kamikaze e le altre forme di altruismo e di cooperazione delle operaie non sono più sorprendenti, una volta che accettiamo il fatto che sono sterili. Il corpo di un animale viene manipolato perché assicuri la sopravvivenza dei suoi geni, sia generando figlia sia prendendosi cura di altri individui che contengono gli stessi geni. Il suicidio nell’interesse dei altri individui è incompatibile con la futura produzione di figli e quindi il sacrificio suicida si evolve raramente. Ma un’ape operaia non ha mai figli e tutti  i suoi sforzi sono diretti a preservare i propri geni prendendosi cura degli individui con cui è imparentata. La morte di una singola ape operaia sterile non è più grave peri suoi geni di quanto la perdita di una foglia in autunno  lo sia per i geni di un albero.

La strategia permalosa si rileva davvero una strategia evolutiva stabile rispetto a quella degli ingenui e dei truffatori, nel senso che la popolazione che consiste in gran parte di permalosi non sarà invasa né da ingenui, né da truffatori.

Nell’uomo la memoria a lungo termine e la capacità di riconoscere gli individui sono ben sviluppate. Potremmo perciò aspettarci che l’altruismo reciproco abbia avuto un parte importante  dell’evoluzione umana. Trivers si spinge fino a suggerire che molte delle nostre caratteristiche pscicologiche-invidia, gratitudine, simpatia, ecc.- sono state forgiate dalla selezione naturale per migliorare la capacità di truffare, di individuare i truffatori e di evitare di passare per un truffatore.  Particolarmente interessanti sono i truffatori astuti che apparentemente restituiscono i favori, ma che sempre resistituiscono un po’ meno di  quello che ricevono. E’ anche possibile che il grosso cervello dell’uomo e la sua predisposizione a ragionare matematicamente si siano evoluti come meccanismo capace di ingannare in modo sempre più sottile e di riconoscere sempre meglio l’inganno degli altri. 
Il denaro è un esempio formale di altruismo reciproco ritardato.

Quando si pianta un meme fertile in una mente, il cervello ne viene letteralmente parassitato e si trasforma in un veicolo per la propagazione del meme, proprio come un virus può parassitare il meccanismo genetico di una cellula ospite. E questo non è soltanto un modo di dire: il meme che predispone “diciamo” a credere nella vita dopo la morte si realizza fisicamente, milioni di volte, come una struttura del sistema nervoso degli uomini di tutto il mondo.

Dio. Esso fornisce una risposta superficiale plausibile a problemi profondi e inquietanti sull’esistenza; suggerisce che le ingiustizie di questo mondo possono essere eliminate nell’altro; fa da cuscino alle nostre inadeguatezze e, come un placebo, non è meno efficace per il fatto di essere immaginario. Queste sono alcune delle ragioni per cui l’idea di Dio viene copiata così prontamente dalla successive generazioni di singoli cervelli. Dio esiste, non fosse altro che sotto forma di un meme ad alto valore di sopravvivenza, o ad alta virulenza, nell’ambiente fornito dalla cultura umana.

Abbiamo il potere di andare contro i nostri geni egoisti e, se necessario, ai memi egoisti del nostro indottrinamento. Possiamo addirittura discutere  modi di coltivare deliberatamente l’altruismo disinteressato e puro, qualcosa che non trova posto in natura, qualcosa che non è mai esistito nella storia del mondo. Siamo stati costruiti come macchine dei genie e coltivati come macchine dei memi, ma abbiamo il potere di ribellarci ai nostri creatori. Noi unici sulla Terra, possiamo ribellarci alla tirannia dei replica tori egoisti.

Alcune strategie erano ingegnose, anche se naturalmente molto meno ingegnose dei loro autori. E’ notevole che la strategia vincente sia stata la più semplice e superficialmente la meno ingegnosa di tutte. Si chiamava Tit for Tat ed era stata mandata dal professor Anatol Rapoport di Toronto, notissimo psicologo e studioso della teoria dei giochi. Tit for Tat inizia cooperando nella prima mano e poi non fa che copiare la mossa precedente dell’altro giocatore.

Alcune strategie del torneo di Axelrod erano molto più sofisticate di queste due, ma anch’esse finivano con meno punti, in media del semplice Tit for Tat. In effetti la peggiore di tutte le strategie (a parte quella casuale) era la più elaborata. Era stata mandata da un anonimo: forse un’eminenza grigia del pentagono? Il capo della CIA? Henry Kissinger? Lo stesso Axelrod? Non lo sapremo mai.
Questo può sembrare eccessivamente santo e magnanimo, ma Axelrod ha calcolato che, se qualcuno avesse mandato Tit for two Tats, questa avrebbe vinto il torneo, perché è estremamente vantaggioso evitare serie di recriminazioni reciproche. Quindi abbiamo identificato due caratteristiche delle strategie vincenti: bontà e perdono.

La natura spesso ha il ruolo di banchiere e gli individui perciò trarre beneficio dal successo reciproco, senza essere costretti a sconfiggere rivali. Ecco perciò in che modo, pur senza allontanarsi dalle leggi fondamentali del gene egoista,la  cooperazione e l’assistenza reciproca possono fiorire anche in un mondo sostanzialmente ingeneroso. Ecco in che modo, nel senso dato da Axelrod all’espressione, i buoni arrivano primi.

E’ come se i geni agissero al di fuori del proprio corpo e manipolassero il mondo esterno. Come nel caso delle larve di tricotteri…

I replica tori non sono più sparsi liberi nel mare ma sono tutti uniti in enormi colonie i singoli corpi. E le conseguenze fenotipiche, invece di essere distribuite uniformemente nel mondo, sono in molti casi congelate in questi corpi. Ma l’esistenza del singolo corpo, così familiare nel nostro pianeta, non era inevitabile. L’unica specie di entità che deve esistere perché esista la vita, in qualunque parte dell’universo , è il replicatore  immortale.


lunedì 8 giugno 2015

Chi vuole l’euro vuole l’austerità, cioè la disoccupazione competitiva usata come leva per svalutare il lavoro

"Marco Palombi ha riportato alla luce sul Fatto Quotidiano del 19 maggio 2014 le parole con cui Barca (quello vero, Luciano) scolpì nel 1978 l’alfa e l’omega del progetto di integrazione monetaria europea: “Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”. In cambi flessibili gli squilibri fra paesi vengono sanati dalla rivalutazione del Paese forte, la cui valuta si apprezza fisiologicamente perché molto domandata per motivi commerciali e finanziari. Ma in cambi fissi questo meccanismo cade e gli squilibri devono essere sanati dalla disoccupazione del paese debole. L’austerità a questo serve: tagliando la spesa e alzando le tasse il governo costringe le imprese a licenziare o fallire, nella ragionevole presunzione che chi si ritrova disoccupato accetterà un nuovo lavoro a salari inferiori, contribuendo a rendere il paese più competitivo. Chi vuole l’euro vuole l’austerità, cioè la disoccupazione competitiva usata come leva per svalutare il lavoro."

Gli Eurocrati

È in corso una trattativa per un accordo commerciale di libero scambio fra nord america e Europa. Trattativa non chiesta da nessun parlamento nazionale. Così da avere ancora più mano libera per far competere un mercato del lavoro tutelato con uno non tutelato e far vincere il secondo. È ora di dire basta a una competizione selvaggia al ribasso imposta dall'alto per renderci tutti sempre più dei poveracci. Si compete solo con paesi dove ci sono certe regole umane, non da bestie da soma. Ed il libero scambio non si fa finché non si arriva a dei minimi standard di sicurezza e dignità dei lavoratori. È l'ora separarci dall'Europa ariana del nord e fondare un'altra Europa del sud con moneta propria libera di governare la propria sovranità per la crescita ed il benessere sociale della nazione. Non crediamo alle favolette che questo modo di far andare le cose sia naturale, logico e inevitabile. La Cina bastava non fargli avere accesso ai capitali occidentali finché non avesse rispettato la dignità del lavoratore e non sarebbe mai stata un problema. Questa Europa degli usurai non mi piace, non mi rappresenta e non é il fine ultimo della storia,

venerdì 5 giugno 2015

Auguro a tutti una grossa dose di fortuna.

di David Foster Wallace
[traduzione di Roberto Natalini] Trascrizione del discorso di David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, 21 maggio 2005.
Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”
È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole.

Chiaramente, l’esigenza principale in discorsi come questo è che si suppone vi parli del significato dell vostra educazione umanistica, e provi a spiegarvi perché il diploma che state per ricevere ha un effettivo valore sul piano umano e non soltanto su quello puramente materiale. Per questo, lasciatemi esaminare il più diffuso stereotipo nei discorsi fatti a questo tipo di cerimonie, ossia che che la vostra educazione umanistica non consista tanto “nel fornirvi delle conoscenze”, quanto “nell’insegnarvi a pensare”.
Se siete come me quando ero studente, non vi sarà mai piaciuto ascoltare questo genere di cose, e avrete tendenza a sentirvi un po’ insultati dall’affermazione che dobbiate aver bisogno di qualcuno per insegnarvi a pensare, poiché il fatto stesso che siete stati ammessi a frequentare un college così prestigioso vi sembra una dimostrazione del fatto che già sapete pensare. Ma vorrei convincervi che lo stereotipo dell’educazione umanistica in realtà non è per nulla offensivo, perché la vera educazione a pensare, che si pensa si debba riuscire ad avere in un posto come questo, non riguarda affatto la capacità di pensare, ma piuttosto la scelta di cosa pensare. Se la vostra assoluta libertà di scelta su cosa pensare vi sembrasse troppo ovvia per perdere del tempo a discuterne, allora vorrei chiedervi di pensare al pesce e all’acqua, e a mettere tra parentesi anche solo per pochi minuti il vostro scetticismo circa il valore di ciò che è completamente ovvio.
Ecco un’altra piccola storia istruttiva. Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo sull’esistenza di Dio, con quell’intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta birra. E l’ateo dice: “Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45 gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato ‘Oh Dio, se c’è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai’.” E a questo punto, nel bar, il credente guarda l’ateo con aria perplessa “Bene, allora adesso dovrai credere” dice, “sei o non sei ancora vivo?” E l’ateo, alzando gli occhi al cielo “Ma no, è successo invece che una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo.”
È facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell’analisi umanistica: la stessa precisa esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato dall’esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tollerenza e della varietà delle convinzioni, in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l’interpretazione di uno dei due tizi sia giusta a quella dell’altro falsa o cattiva. E questo va anche bene, tranne per il fatto che in questo modo non si riesce mai a discutere da dove abbiano origine questi schemi e credenze individuali. Voglio dire, da dove essi vengano dall’INTERNO dei due tizi. Come se l’orientamento fondamentale verso il mondo di una persona e il significato della sua esperienza fossero in qualche modo intrinseci e difficilmente modificabili, come l’altezza o il numero di scarpe, o automaticamente assorbiti dal contesto culturale, come il linguaggio. Come se il modo in cui noi costruiamo il significato non fosse in realtà un fatto personale, frutto di una scelta intenzionale. Inoltre, c’è anche il problema dell’arroganza. Il tizio non credente è totalmente certo nel suo rifiuto della possibilità che il passaggio degli eschimesi abbia qualche cosa a che fare con la sua preghiera. Certo, ci sono un sacco di credenti che appaiono arroganti e anche alcune delle loro interpretazioni. E sono probabilmente anche peggio degli atei, almeno per molti di noi. Ma il problema del credente dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una certezza cieca, una mentalità chiusa che equivale a un imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge nemmeno di essere rinchiuso.
Il punto che vorrei sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che vuole realmente significare insegnarmi a pensare. A essere un po’ meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di coscienza critica su di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle quali tendo a essere automaticamente certo risulta essere totalmente sbagliata e deludente. Ho imparato questo da solo e a mie spese, e così immagino sarà per voi una volta laureati.
Ecco un esempio della totale falsità di qualche cosa su cui tendo ad essere automaticamente sicuro: nella mia esperienza immediata, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base, codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non c’è nessuna esperienza che abbiate fatto di cui non ne siate il centro assoluto. Il mondo, così come voi lo conoscete, è lì davanti a VOI o dietro di VOI, o alla VOSTRA sinistra o alla VOSTRA destra, sulla VOSTRA TV o sul VOSTRO schermo. E così via. I pensieri e i sentimenti delle altre persone devono esservi comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali.
Adesso vi prego di non pensare che io voglia farvi una lezione sulla compassione o la sincerità o altre cosiddette “virtù”. Il problema non è la virtù. Il problema è di scegliere di fare il lavoro di adattarsi e affrancarsi dalla configurazione di base, naturale e codificata in noi, che ci fa essere profondamente e letteralmente centrati su noi stessi, e ci fa vedere e interpretare ogni cosa attraverso questa lente del sé. Le persone che riescono ad adattare la loro configurazione di base sono spesso descritti come “ben adattati”, che credo non sia un termine casuale.
Considerando la trionfale cornice accademica in cui siamo, viene spontaneo porsi il problema di quanto di questo lavoro di autoregolazione della nostra configurazione di base coinvolga conoscenze effettive e il nostro stesso intelletto. Questo problema è veramente molto complicato. Probabilmente la più pericolosa conseguenza di un’educazione accademica, almeno nel mio caso, è che ha permesso di svilupparmi verso della roba super-intellettualizzata, di perdermi in argomenti astratti dentro la mia testa e, invece di fare semplicemente attenzione a ciò che mi capita sotto al naso, fare solo attenzione a ciò che capita dentro di me.
Come saprete già da un pezzo, è molto difficile rimanere consapevoli e attenti, invece di lasciarsi ipnotizzare dal monologo costante all’interno della vostra testa (potrebbe anche stare succedendo in questo momento). Vent’anni dopo essermi laureato, sono riuscito lentamente a capire che lo stereotipo dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare” è in realtà solo un modo sintentico per esprimere un’idea molto piu significativa e profonda: “imparare a pensare” vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto.
E vi dico anche quale dovrebbe essere l’obiettivo reale su cui si dovrebbe fondare la vostra educazione umanistica: come evitare di passare la vostra confortevole, prosperosa, rispettabile vita adulta, come dei morti, incoscienti, schiavi delle vostre teste e della vostra solita configurazione di base per cui “in ogni momento” siete unicamente, completamente, imperiosamente soli. Questo potrebbe suonarvi come un’iperbole o un’astrazione senza senso. Cerchiamo di essere concreti. Il fatto puro e semplice è che voi laureati non avete ancora nessun’idea di cosa “in ogni momento” significhi veramente. Questo perché nessuno parla mai, in queste cerimonie delle lauree, di una grossa parte della vita adulta americana. Questa parte include la noia, la routine e la meschina frustrazione. I genitori e i più anziani tra di voi sapranno anche troppo bene di cosa sto parlando.
Tanto per fare un esempio, prendiamo una tipica giornata da adulto, e voi che vi svegliate la mattina, andate al vostro impegnativo lavoro da colletto-bianco-laureato-all’università, e lavorate duro per otto o dieci ore, fino a che, alla fine della giornata, siete stanchi e anche un po’ stressati e tutto ciò che vorreste sarebbe di tornarvene casa, godervi una bella cenetta e forse rilassarvi un po’ per un’oretta, per poi ficcarvi presto nel vostro letto perché, evidentemente, dovrete svegliarvi presto il giorno dopo per ricominciare tutto da capo. Ma, a questo punto, vi ricordate che non avete nulla da mangiare a casa. Non avete avuto tempo di fare la spesa questa settimana a causa del vostro lavoro così impegnativo, per cui, uscendo dal lavoro, dovete mettervi in macchina e guidare fino al supermercato. È l’ora di punta e il traffico è parecchio intenso. Per cui per arrivare al supermercato ci mettete moltissimo tempo, e quando finalmente arrivate, lo trovate pieno di gente, perché naturalmente è proprio il momento del giorno in cui tutti quelli che lavorano come voi cercano di sgusciare in qualche negozio di alimentari. E il supermercato è disgustosamente illuminato e riempito con della musica di sottofondo abbrutente o del pop commerciale, ed è proprio l’ultimo posto in cui vorreste essere, ma non potete entrare e uscire rapidamente, vi tocca vagare su e giù tra le corsie caotiche di questo enorme negozio super-illuminato per trovare la roba che volete e dovete manovrare con il vostro carrello scassato nel mezzo delle altre persone, anche loro stanche e di fretta come voi, con i loro carrelli (eccetera, eccetera, ci dò un taglio poiché è una cerimonia piuttosto lunga) e alla fine riuscite a raccogliere tutti gli ingredienti della vostra cena, e scoprite che non ci sono abbastanza casse aperte per pagare, anche se è l’ora-di-punta-di-fine-giornata. Cosi la fila per pagare è incredibilmente lunga, che è una cosa stupida e che vi fa arrabbiare. Ma voi non potete sfogare la vostra frustrazione sulla povera signorina tutta agitata alla cassa, che è superstressata da un lavoro la cui noia quotidiana e insensatezza supera l’immaginazione di ognuno di noi qui in questa prestigiosa Università.
Ma in ogni modo, finalmente arrivate in fondo a questa fila, pagate per il vostro cibo, e vi viene detto “buona giornata” con una voce che è proprio la voce dell’oltretomba. Quindi dovete portare quelle orrende, sottili buste di plastica del supermercato nel vostro carrello con una ruota impazzita che spinge in modo esasperante verso sinistra, di nuovo attraverso il parcheggio affollato, pieno di buche e di rifiuti, e guidare verso casa di nuovo attraverso il traffico dell’ora di punta, lento, intenso, pieno di SUV, ecc.
A tutti noi questo è capitato, certamente. Ma non è ancora diventato parte della routine della vostra vita effettiva di laureati, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno. Ma lo sarà. E inoltre ci saranno tante altre routine apparentemente insignificanti, noiose e fastidiose. Ma non è questo il punto. Il punto è che è proprio con stronzate meschine e frustranti come questa che interviene la possibilità di scelta. Perché il traffico e le corsie affollate del supermercato e la lunga coda alla cassa mi danno il tempo di pensare, e se io non decido in modo meditato su come pensare e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e infelice ogni volta che andrò a fare la spesa. Perché la mia naturale configurazione di base è la certezza che situazioni come questa riguardino solo me. La MIA fame e la MIA stanchezza e il MIO desiderio di andarmene a casa, e mi sembrerà che ogni altra persona al mondo stia lì ad ostacolarmi. E chi sono poi queste persone che mi ostacolano? E guardate come molti di loro sono repellenti, e come sembrano stupidi e bovini e con gli occhi spenti e non-umani nella coda alla cassa, o anche come è fastidioso e volgare che le persone stiano tutto il tempo a urlare nei loro cellulari mentre sono nel mezzo della fila. E guardate quanto tutto ciò sia profondamente e personalmente ingiusto.
Oppure, se la mia configurazione di base è più vicina alla coscienza sociale e umanistica, posso passare un bel po’ di tempo nel traffico di fine giornata a essere disgustato da tutti quei grossi, stupidi SUV e Hummers e furgoni con motori a 12 valvole, che bloccano la strada e consumano il loro costoso, egoistico serbatoio da 40 galloni di benzina, e posso anche soffermarmi sul fatto che gli adesivi patriottici e religiosi sembrano essere sempre sui veicoli più grandi e più disgustosamente egoisti, guidati dai più brutti, più incoscienti e aggressivi dei guidatori. (Attenzione, questo è un esempio di come NON bisogna pensare…) E posso pensare che i figli dei nostri figli ci disprezzeranno per aver sprecato tutto il carburante del futuro e avere probabilmente fottuto il clima, e che noi tutti siamo viziati e stupidi ed egoisti e ripugnanti, e che la moderna civiltà dei consumi faccia proprio schifo, e così via.
Avete capito l’idea.
Se scelgo di pensare in questo modo in un supermercato o sulla superstrada, va bene. Un sacco di noi lo fanno. Tranne che il fatto di pensare in questo modo diventa nel tempo così facile e automatico che non è più nemmeno una vera scelta. Diventa la mia configurazione di base. È questa la modalità automatica in cui vivo le parti noiose, frustranti, affollate della mia vita da adulto, quando sto operando all’interno della convinzione automatica e inconscia di essere il centro del mondo, e che i miei bisogni e i miei sentimenti prossimi sono ciò che determina le priorità del mondo intero.
In realtà, naturalmente, ci sono molti modi diversi di pensare in questo tipo di situazioni. Nel traffico, con tutte queste macchine ferme e immobili davanti a me, non è impossibile che una delle persone nei SUV abbia avuto un orribile incidente d’auto nel passato, e adesso sia cosi terrorizzata dal guidare che il suo terapista le ha ordinato di prendere un grosso e pesante SUV, così che possa sentirsi abbastanza sicura quando guida. O che quell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada sia forse guidato da un padre il cui figlio piccolo è ferito o malato nel sedile accanto a lui, e stia cercando di portarlo in ospedale, ed abbia quindi leggitimamente molto più fretta di me: in effetti sono io che blocco la SUA strada.
Oppure posso sforzarmi di considerare la possibilità che tutti gli altri nella fila alla cassa del supermercato siano stanchi e frustrati come lo sono io, e che alcune di queste persone probabilmente abbiano una vita molto più dura, noiosa e dolorosa della mia.
Di nuovo, vi prego di non pensare che vi stia dando dei consigli morali, o vi stia dicendo che dovreste pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta da voi che lo facciate. Perché è difficile. Richiede volontà e fatica, e se voi siete come me, in certi giorni non sarete capaci di farlo, o più semplicemente non ne avrete voglia.
Ma molte altre volte, se sarete abbastanza coscienti da darvi la possibilità di scegliere, voi potrete scegliere di guardare in un altro modo a questa grassa signora super-truccata e con gli occhi spenti che ha appena sgridato il suo bambino nella coda alla cassa. Forse non è sempre così. Forse è stata sveglia per tre notti di seguito tenendo la mano del marito che sta morendo di un cancro alle ossa. O forse questa signora è l’impiegata meno pagata della motorizzazione, che proprio ieri ha aiutato vostra moglie a risolvere un orribile e snervante problema burocratico con alcuni piccoli atti di gentilezza amministrativa.
Va bene, nessuno di questi casi è molto probabile, ma non è nemmeno completamente impossibile. Dipende da cosa volete considerare. Se siete automaticamente sicuri di sapere cos’è la realtà, e state operando sulla base della vostra configurazione di base, allora voi, come me, probabilmente non avrete voglia di considerare possibilità che non siano fastidiose e deprimenti. Ma se imparate realmente a concentrarvi, allora saprete che ci sono altre opzioni possibili. Avrete il potere di vivere una lenta, calda, affollata esperienza da inferno del consumatore, e renderla non soltanto significativa, ma anche sacra, ispirata dalle stesse forze che formano le stelle: amore, amicizia, la mistica unità di tutte le cose fuse insieme. Non che la roba mistica sia necessariamente vera. La sola cosa che è Vera con la V maiuscola è che sta a voi decidere di vederlo o meno.
Questa, credo, sia la libertà data da una vera educazione, di poter imparare ad essere “ben adattati”. Voi potrete decidere con coscienza che cosa ha significato e che cosa non lo ha. Potrete scegliere in cosa volete credere. Ed ecco un’altra cosa che può sembrare strana, ma che è vera: nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti non c’è posto per una cosa come l’ateismo. Non è possibile non adorare qualche cosa. Tutti credono. La sola scelta che abbiamo è su che cosa adorare. E forse la più convincente ragione per scegliere qualche sorta di dio o una cosa di tipo spirituale da adorare – sia essa Gesù Cristo o Allah, sia che abbiate fede in Geova o nella Santa Madre Wicca, o nelle Quattro Nobili Verità, o in qualche inviolabile insieme di principi etici – è che praticamente qualsiasi altra cosa in cui crederete finirà per mangiarvi vivo. Se adorerete il denaro o le cose, se a queste cose affiderete il vero significato della vita, allora vi sembrerà di non averne mai abbastanza. È questa la verità. Adorate il vostro corpo e la bellezza e l’attrazione sessuale e vi sentirete sempre brutti. E quando i segni del tempo e dell’età si cominceranno a mostrare, voi morirete un milione di volte prima che abbiano ragione di voi. Ad un certo livello tutti sanno queste cose. Sono state codificate in miti, proverbi, luoghi comuni, epigrammi, parabole, sono la struttura di ogni grande racconto. Il trucco sta tutto nel tenere ben presente questa verità nella coscienza quotidiana.
Adorate il potere, e finirete per sentirvi deboli e impauriti, e avrete bisogno di avere sempre più potere sugli altri per rendervi insensibili alle vostre proprie paure. Adorate il vostro intelletto, cercate di essere considerati intelligenti, e finirete per sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere scoperti. Ma la cosa insidiosa di queste forme di adorazione non è che siano cattive o peccaminose, è che sono inconsce. Sono la configurazione di base.
Sono forme di adorazione in cui scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più selettivi su quello che volete vedere e su come lo valutate, senza essere mai pienamente consci di quello che state facendo.
E il cosiddetto “mondo reale” non vi scoraggerà dall’operare con la configurazione di base, poiché il cosiddetto “mondo reale” degli uomini e del denaro e del potere canticchia allegramente sul bordo di una pozza di paura e rabbia e frustrazione e desiderio e adorazione di sé. La cultura contemporanea ha imbrigliato queste forze in modo da produrre una ricchezza straordinaria e comodità e libertà personale. La libertà di essere tutti dei signori di minuscoli regni grandi come il nostro cranio, soli al centro del creato. Questo tipo di libertà ha molti lati positivi. Ma naturalmente vi sono molti altri tipi di libertà, e del tipo che è il più prezioso di tutti, voi non sentirete proprio parlare nel grande mondo esterno del volere, dell’ottenere e del mostrarsi. La libertà del tipo più importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone e a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di modi insignificani e poco attraenti.
Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito.
Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io, la Verità con la V maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone ammonitorio alla Dr. Laura. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola è sulla vita PRIMA della morte. È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: “Questa è acqua, questa è acqua.”
È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora.
Auguro a tutti una grossa dose di fortuna.