martedì 22 luglio 2014

Senato

Napolitano: "Su riforme non agitare spettri di svolte autoritarie"...il presidente ha ragione non c'è nessuno spetto la svolta è concreta.

giovedì 10 luglio 2014

Una storia semplice di Leonardo Sciascia

Aveva una voce educata, calma, suadente. “ Come tutti i folli” Pensò il telefonista.

Sei o sette automobili che anche dopo che erano arrivate continuarono a rombare, stridere e urlare, così come dal centro della città erano partire suscitando la curiosità dei cittadini e anche quella –effetto del questore desiderato tradivo al possibile-dei carabinieri: per cui il colonnello dei carabinieri, cupo in volto, arrabbiatissimo, pronto a litigare, col dovuto rispetto, col questore, arrivò una mezz’ora dopo…

“Posso permettermi di farle una domanda?...Poi gliene farò anche altre, di altra natura…Nei componimenti di italiano lei m’assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?”
“Perché aveva copiato da un autore più intelligente”
Il magistrato scoppiò a ridere. “L’Italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come, vede, non è stato poi un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica…”
“L’italiano non è l’italiano: è il ragionare” disse il  professore “con meno italiano, lei forse sarebbe ancora più in alto”

“Io voglio sapere , da lei, signora, se ha qualche ragione o sospetto riguardo l’uccisione di suo marito”
La signora scrollò le spalle “Era siciliano” disse “ e i siciliani, orami da anni , chi sa perché , si ammazzano tra loro”

Ma il professore parlò dei propri mali, lasciando memorabile al brigadiere ( ma non condividibile nell’energia dei suoi trent’anni)la frase che ad un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire l’ultima speranza.

Lo richiamarono più di un’ora dopo.
“incidente” disse il magistrato
“Incidente” disse il colonello
“Incidente” disse il questore
E perciò sui giornali: Brigadiere uccide incidentalmente, mentre pulisce la pistola, il commissario capo della polizia giudiziaria.


Pensò di tornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: “ E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?”. Riprese cantando la strada verso casa.

lunedì 7 luglio 2014

La vita dunque si era risolta in una specie di scherzo, per un’orgogliosa scommessa tutto era stato perduto...

Gli parve che la fuga del tempo si fosse fermata, come per rotto incanto. Il vortice si era fatto negli ultimi anni sempre più intenso, poi improvvisamente più nulla, il mondo ristagnava in una orizzontale apatia e gli orologi correvano inutilmente. La strada di Drogo era finita; eccolo ora sulla solita riva di un mare grigio e uniforme, e attorno né una casa né un albero né un uomo, tutto così da immemorabile tempo.
  Dagli estremi confini egli sentiva avanzare su di sé un’ombra progressiva e concentrica, era forse questione di ore, forse di settimane o di mesi; ma anche i mesi e le settimane sono ben povera cosa quando ci separano dalla morte. La vita dunque si era risolta in una specie di scherzo, per un’orgogliosa scommessa tutto era stato perduto.
 Fuori il cielo era diventato di un azzurro intenso, all’occidente tuttavia restava una striscia di luce , sopra i violetti profili delle montagne. E nella camera era entrato il buio, si distinguevano unicamente le sagome minacciose dei mobili, il biancore del letto, la lucida sciabola di Drogo. Di là-capiva-egli non si sarebbe più mosso.
  Avvolto così dalle tenebre, mentre di sotto continuavano le dolci canzoni fra gli arpeggi di una chitarra, Giovanni Drogo sentì allora nascere in sé una estrema speranza. Lui solo al mondo e malato, respinto dalla fortezza, come peso importuno, lui che era rimasto indietro a tutti, lui timido e debole, osava immaginare che tutto non fosse finito: perché forse era davvero giunta la sua grande occasione, la definiva battaglia che poteva pagare l’intera vita.
 Avanzava infatti contro Giovanni Drogo l’ultimo nemico. Non uomini simili a lui, tormentati come lui da desideri e dolori, di carne da poter ferire, con facce da poter guardare, ma un essere onnipotente  maligno; non c’era da combattere sulla sommità delle mura, fra rombi e grida esaltanti, sotto un azzurro cielo di primavera, non amici al fianco la cui vista rianimi il cuore, non l’acre odore di polvere e fucilate, né promesse di gloria. Tutto succederà nella stanza di una locanda ignota, al lume di una candela, nella più nuda solitudine. Non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra i sorrisi di giovani donne. Non c’è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo.
Oh, è una ben più dura battaglia di quella che lui un tempo sperava. Anche vecchi uomini di guerra preferirebbero non provare. Perché può essere belle morire all’aria libera, nel furore della mischia, col proprio corpo ancora giovane e sano, fra trionfali echi di tromba; più triste è certo morire di ferita, dopo lunghe pene, in un camerone d’ospedale; più melanconico ancora finire nel letto domestico, in mezzo ad affettuosi lamenti, luci fioche e bottiglie di medicine. Ma nulla è più difficile che morire in paese estraneo ed ignoto, sul generico letto di una locanda, vecchi e imbruttiti, senza lasciare nessuno al mondo.
“Coraggio Drogo, questa è l’ultima carta, va incontro alla morte da soldato e che la tua esistenza sbagliata almeno finisca bene. Vendicati finalmente della sorte, nessuno canterà le tue lodi, nessuno ti chiamerà eroe o alcunché di simile, ma proprio per questo vale la pena. Varca con piede fermo il limite dell’ombra, dritto come a una parata, e sorridi, se ci riesci. Dopo tutto la coscienza non è troppo pesante e Dio saprà perdonare”
Questo, Giovanni diceva a se stesso- una specie di preghiera- sentendo stringersi attorno a sé il cerchio conclusivo della vita. E dall’amaro pozzo delle cose passate, dai desideri rotti, dalle cattiverie patite, veniva su una forza che mai lui avrebbe osato sperare. Con inesprimibile gioia Giovanni Drogo si accorse, d’improvviso, di essere assolutamente tranquillo, ansioso  quasi di ricominciare la prova. Ah non si poteva pretendere tutto dalla vita? Così dunque, Simeoni? Adesso Drogo ti farà un po’ vedere.
Coraggio, Drogo. E lui provò  a fare forza , a tenere duro, a scherzare con il pensiero tremendo. Ci mise tutto l’animo suo, in uno slancio disperato, come se partisse all’assalto da solo contro un’armata. E subitamente gli antichi terrori caddero, gli incubi si afflosciarono, la morte perse l’agghiacciante volto, mutandosi in cosa semplice e conforme alla natura. Il maggiore Giovanni Drogo, consunto dalla malattia e dagli anni, povero uomo, fece forza contro l’immenso portale nero e si accorse che i battenti cedevano, aprendo il passo alla luce.
Povera cosa gli risultò allora quell’affannarsi sugli spalti della fortezza, quel  perlustrare la desolata pianura del nord, le sue pene per la carriera, quegli anni lunghi di attesa. Non c’era neanche il bisogno di invidiare Agustina. Sì Agustina era morto in cima a una montagna nel cuore della tempesta, se n’era ndato da par suo, davvero con molta eleganza. Ma assai più ambizioso era finire da prode nelle condizioni di Drogo, mangiato dal male, esiliato fra ignota gente.
Solo gli dispiaceva di doversene andare di là con quel suo misero corpo, le ossa sporgenti, la pelle biancastra e flaccida. Agustina era morto intatto- pensava Giovanni - la sua immagine, nonostante gli anni, si mantenuta quella di un giovane alto e delicato, dal volto nobile e gradito alle donne: questo il suo privilegio.  Ma chissà che passata la nera soglia anche lui Drogo non sarebbe potuto tornare come una volta, non bello (perché bello non era mai stato) ma fresco di giovinezza. Che gioia, si diceva Drogo al pensiero, come un bambino, poiché si sentiva stranamente libero e felice.
Ma poi gli venne in mente: e se fosse tutto un inganno? Se il suo coraggio non fosse che una ubriacatura? Se dipendesse solo dal meraviglioso tramonto, dall’aria profumata, dalla pausa dai dolori fisici, dalle canzoni al piano di sotto? E fra pochi minuti, fra un ‘ora , egli dovesse tornare il Drogo di prima, debole e sconfitto?
No, non pensarci, Drogo, adesso basta tormentarsi , il più ormai è stato fatto. Anche se ti assaliranno i dolori, anche se non ci saranno più le musiche a consolarti e invece di questa bellissima notte verranno nebbie fetide, il conto tornerà lo stesso. Il più è stato fatto , non ti possono più defraudare.
La camera si è riempita di buio,solo con grande fatica si può distinguere il biancore del letto, e tutto il resto è nero. Fra poco dovrebbe levarsi la luna.
Farà in tempo , Drogo, a vederla o dovrà andarsene prima? La porta della camera palpita con uno scricchiolio leggero. Forse è un soffio di vento, un semplice risucchio d’aria di queste inquiete notti di primavera. Forse è invece lei che è entrata, con passo silenzioso, e adesso sta avvicinandosi alla poltrona di Drogo. Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po’ il busto, si assesta con una mano il colletto dell’uniforme, dà ancora uno sguardo fuori dalla finestra , una brevissima occhiata, per l’ultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, benché nessuno lo veda, sorride.

Dino Buzzati, Finale Del DESERTO DEI TARTARI

SICKO di Michael Moore

La sega gli ha portato via la punta di due dita. Il suo primo pensiero: “non avevo l’assicurazione, quanto mi sarebbe costato? avrei dovuto pagare in contanti? Due tremila dollari o più , non potevamo più compararci la macchina”. Neanche Nick ha una copertura sanitaria allora l’ospedale gli ha offerto una scelta riattaccare il medio per 60000 $ oppure l’anulare per 12000 $…Da inguaribile romantico Nick ha scelto l’anulare, per la modica cifra di 12000 dollari. La punta del dito medio si gode la sua nuova casa in una discarica dell’Oregon.
Ma questo film non è neanche su Rick; circa 50 milioni di americani non hanno assicurazioni contro le malattie, pregano tutti i giorni di non ammalarsi, perché 18000 di loro, moriranno quest’anno solo perché: non sono assicurati.
Ma questo film non è su di loro è sui 250 milioni di americani che come voi, hanno una copertura assicurativa, quelli che come voi vivono il sogno americano.

mercoledì 2 luglio 2014

Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace

Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedono all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto, se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il buffet di mezzanotte.

Confrontate questa debolezza con la forza pubblicitaria della 7NC: l’uso quasi imperativo della seconda persona, i dettagli minuziosi che si estendono persino a  quello che direte ( siete voi che dite “sono perfettamente d’accordo” e “facciamo tutto”). Nella Brochure della crociera voi siete esonerati dalla fatica di costruire il sogno. Lo fa la pubblicità al posto vostro. La pubblicità, insomma, non manipola la vostra capacità d’azione, né la ignora: semplicemente, la sostituisce.

"io ho trentatre anni, e sento di aver già vissuto tanto che ogni giorno passa sempre più velocemente. Ogni giorno sono costretto a compiere una serie di scelte su cosa è bene importante o divertente, e poi devo convivere con l'esclusione di tutte le altre possibilità che quelle scelte mi precludono. E comincio a capire che verrà un momento in cui le mie scelte si restringeranno e quindi le preclusioni si moltiplicheranno in maniera esponenziale finché arriverò a un qualche punto di qualche ramo di tutta la sontuosa complessità ramificata della vita in cui mi ritroverò rinchiuso e quasi incollato su di un unico sentiero e il tempo mi lancerà a tutta velocità attraverso vari stadi di immobilismo e atrofia e decadenza finché non sprofonderà per tre volte, tante battaglie per niente, trascinato dal tempo. E' terribile. Ma dal momento che saranno proprio le mie scelte a immobilizzarmi, sembra inevitabile, se voglio diventare maturo, fare delle scelte, avere rimpianti per le scelte non fatte e cercare di vivere con essi.
-Non cosi sulla lussuosa e immacolata Nadir."..

Perché è prorpio questa- La promessa di appagare la parte di me che, sempre e soltanto, vuole-l’illusione fondamentale che la brochure vende. E’ da notare che la vera illusione , qui, non è che questa promessa sarà mantenuta, ma che sia possibile mantenerla. Questa è una grande, gigantesca menzogna. E naturalmente io voglio crederci- fanculo a Budda- voglio credere che magari questa vacanza dell’estrema illusione mi vizierà a sufficienza, che il lusso e il piacere saranno somministrati in maniera così completa e impeccabile che la mia parte infantile si sentirà finalmente appagata. Ma la mia parte infantile è insaziabile- e anzi, la sua essenza, i suo Dasein o quant’altro, sta proprio nella sua insaziabilità a priori. In risposta alla prospettiva di una gratificazione e un accadimento straordinari, la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione.

Se ci ripenso adesso mi pare che questa bambina sia un po’ troppo alta per avere nove anni, ha un’aria spenta, le spalle curve in quella postura che assumono di solito le ragazze molto più grandi- una postura di difesa psicologica. Per quanto sia brava a scacchi, non è una bambina felice. Non penso sia una cosa adatta alla sua età- Deirde prende una sedia e dice che di solito preferisce il nero e mi informa del fatto che in molte altre culture il nero non rimanda al lutto ma è l’equivalente spirituale di ciò che rappresenta il bianco negli stati uniti e che in queste altre culture è il bianco che rappresenta il macabro. Le dico che tutto questo già lo so.

Il pubblico della conferenza  è composto da uomini calvi, solidi e dai polsi spessi, tutti ultracinquantenni, che sembrano quei tipi che arrivano ad amministrare un’azienda risalendo dalle fila della sezione ingegneristica interna, e non da qualche master strafico in business Administration.

Anche SE , più che di ferro bisognerebbe parlare di lega al titanio purissimo: tutti i pesi dell’OHC sono di metallo inossidabile e lucido, e stanno in uno di quei posti con gli specchi su tutti e quattro i lati, che vi costringono a esibirvi in un autoesame pubblico tanto irresistibile, quanto straziante, e ci sono macchine enormi che sembrano insetti giganti che imitano le condizioni aerobiche di scalinate, barche a remi, biciclette da corsa e sci da fondo inopportunamente sciolinati, complete di elettrodi per il monitoraggio cardiaco; e su queste macchine ci sono persone in lycra che vorresti davvero prendere da parte e consigliargli nella maniera più delicata e amorevole di non mettersi mai più quella tutina.