venerdì 25 dicembre 2015

Sono cattedrali, grandiose e pure, i templi della mia religione

"Le montagne non sono stadi dove soddisfo la mia ambizione di arrivare. Sono cattedrali, grandiose e pure, i templi della mia religione" -Anatoli Boukreev

ma con te stesso, con la tua debolezza e la tua inadeguatezza.

"Le grandi montagne sono un mondo compleatamente a parte: neve, ghiaccio, roccia, cielo e aria sottile. Queste cose non puoi conquistarle, puoi solo elevarti alla loro altezza per poco tempo e in cambio esse ti chiedono molto. La tua lotta non è contro un nemico, o con un concorrente, come nello sport, ma con te stesso, con la tua debolezza e la tua inadeguatezza. Questa è una lotta che mi attrae ed è per questo che sono diventato un alpinista.
Ogni montagna è diversa dalle altre, ognuna è una vita differente che hai vissuto.
Arrivi in cima dopo aver rinunciato a tutto quello che credevi necessario alla sopravvivenza e ti trovi solo con la tua anima. In quel vuoto puoi riesaminare, in un ottica diversa, te stesso e tutti i rapporti e gli oggetti che fanno parte del mondo normale."

lunedì 14 dicembre 2015

Brani tratti dal LIBRO EVEREST 1996 di Anatolij Bukreev, Gary Weston Dewalt

Brani tratti dal LIBRO EVEREST 1996 di Anatolij Bukreev, Gary Weston Dewalt
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Anarolij Nikolaievic Bukreev prese infine una decisione che alcuni in seguito giudicarono suicida: decise di tentare comunque il soccorso, di arrischiarsi da solo nella tempesta di neve, nel buio più fitto, in mezzo a un frastuono che uno dei sopravvissuti descrive come “cento treni che ti passano sopra la testa”. Il risultato degli sforzi di Bukereev venne descritto dall’alpinista scrittore Gallen Rowell come “una delle più incredibili azioni di soccorso nella storia dell’alpinismo”
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“la fine di una strada è solo l’inizio di una nuova, ancora più lunga e più difficile” Bukreev
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In seguito Bukreev disse " Non c'é abbastanza fortuna per tutti, nel mondo. Quella notte toccò a me la fortuna di qualcun'altro"
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“Sono cresciuto alpinisticamente nella tradizione della scuola russa di alpinismo d’alta quota, dove si mettevano in primo piano lo sforzo collettivo e il lavoro di squadra, mentre le ambizioni personali erano relegate in second’ordine. L a nostra pratica di allenamento degli alpinisti consisteva nello sviluppare la loro esperienza e confidenza con la montagna in tempi lunghi, cominciando con montagne relativamente basse e promuovendoli agli ottomila quando erano pronti.”
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“Per la mia esperienza di istruttore di alpinismo e sci alpinismo sapevo quanto è importante incoraggiare il più possibile l’autosufficienza”
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Bukreev era molto attaccato alle sue formule; aveva la disciplina di un atleta  olimpionico e la concentrazione di un campione di pilotaggio che tiene sotto controllo i suoi riflessi e allo stesso tempo segue attentamente tutto quello che succede fuori dalla carlinga. La sua attenzione era concentrata soprattutto sull’esenziale, su ciò che serve per mantenere in vita.
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La furia del vento si era trasformata in un bisbilgio. Dice Burkreev “ Sembrava che la montagna,ci facesse segno col dito e sussurrasse, venite, venite!”
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“Si trovavano ormai nella “Zona della Morte” quel tratto verticale tra il campo 4 e la vetta dell’EVEREST dove l’esposizione prolungata al freddo e alla mancanza di ossigeno costituiscono un serio pericolo per qualsiasi tipo di fisico. Sostare al campo 4 è gradevole come fare pic-nic in un campo minato
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L’Hillary Step è un’impennata della cresta sud est, una torre rocciosa alta circa dieci metri che sporge abbastanza da poter essere vista da Thyangboche. Alcuni clienti do Mountain Madness l’avevano esaminata da là attraverso la lente del teleobbiettivo. Per gli alpinisti che arrivano alla base dopo dodici ore di salita è una prova fisica e psicologica molto severa. Esausti, costretti a respirare tre o quattro volte ad ogni passo, i salitori si trovano faccia a faccia con una parete ripida, minacciosa e scoraggiante. E’ questo il punto in cui molti decidono di tornare indietro.
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Era come se mi passasse sulla testa un treno da cento tonnellate: una persona  un metro e mezzo più in là non avrebbe sentito niente.
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Purtroppo Lopsnag Jangbu Sherpa non visse abbastana a lungo da rinconcialirsi con l’idea della morte di Scotti Fischer. Meno  di quattro mesi dopo la morte del suo amico, Lopsang perse la vita, travolto da una valanga durante una spedizione al Lhotse.
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“Quando poi si è su, in alto, si può bestemmiare e lamentarsi oppure bisogna affrontare le cose come sono. Le dozzine di conversazioni in cui ero stato rassicurato sull’attrezzatura di cui avrei avuto bisogno, adesso non avevano più alcun valore”
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“ Ma non posso garantire il successo a nessuno né garantire la sicurezza assoluta perché la complessità delle circostanze naturali e la debilitazione fisica possono colpire chiunque in alta quota. Io per me accetto l’idea che in montagna posso morire”

giovedì 10 dicembre 2015

Anatolij Bukreev

Anatolij Bukreev è morto in montagna, travolto da una valanga sull'Annapurna il giorno di natale 1997. Era nato a Korkino Urali, trentanove anni prima. Laureato in fisica e campione della squadra di alpinismo sportivo dell'Unione Sovietica e aveva preso la residenza ad Alma Ata, nel Kazakistan. Dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica viveva prevalentemente negli Stati Uniti e lavorava come guida in Himalaya. Aveva al suo attivo oltre a un centinaio di scalate in Caucauso, Pamir e Tien Shan e venti salite su cime di ottomila metri, quasi tutte compiute senza ossigeno, molte, da solo e in tempi record. Sull'Everest era salito quattro volte. Per l'azione di salvataggio compiuta sull'Everest nel 1996, gli è stato conferito dall'American Alpine Club il David Sowles Award.

domenica 22 novembre 2015

Considerazioni Inattuali

18 novembre
Abbiamo una stampa balorda ci informa che è morto il cane nel blitz e non ci dice nulla su chi è stato ucciso. Non ci dice nulla sulla richiesta Francese di aiuto militare all'Ue...boh..bah...
17 novembre
L'anno scorso Finmeccanica abbandonó il settore Treni e Energia per concentrarsi su difesa e spazio.All'umanità a quanto pare servono di più missili e cannoni, che viaggi e luce. Ad oggi Finmeccanica aveva ragione.
16 Novembre
La Francia è 4 mesi che bombarda la Siria, prima ha destabilizzato tutta il nord Africa e bombardato la Libia nuocendo agli interessi Italiani. Ora che per fare la stessa cosa debba cambiare la propria costituzione mi sembra una assurdità priva di ogni larvale forma di logica. Il Nazionalismo non è mai stato migliore di altri assolutismi.
15 novembre
E' come se la mafia fa un attentato a Berlino ed i Tedeschi bombardano una c.le elettrica e l'acquedotto a Palermo. Non c'è nessuna logica, se non di vendetta: primo cerchi i colpevoli, poi li mandi a giudizio non bombardi una città. Come farci amare dagli islamici che non sono ancora dell'Isis. Poi smontiamo le tesi cretine di Salvini se gli attentatori come sembra sono cittadini Francesi e Belgi (cittadini Europei impazziti) chiudere i confini è una cretinata bella e buona..
14 Novembre
Mentre si paventano imprese militari degne del 800 nessuno ha mai pensato a un embargo sul petrolio Saudita principale finanziatore dell'Isis. Nessuno rispetta l'embargo sulle armi in Siria: i Russi vendono i carri armati, gli americani i missili anticarro e Francesi ed Inglesi bombardano le postazioni dell'Isis ma in realtà Assad ( è un anno che bombardano chiaramente non ci prendono); mandano inoltre, sia Francesi che Inglesi addestratori che formano i presunti ribelli-terroristi moderati a passare all'Isis con una certa preparazione militare. La Turchia ha preso 3 mld di Euro dall'Europa per sparare ai Siriani che scappano dalla guerra che loro stessi alimentano, nel frattempo massacrano i Curdi gli unici cristiani e potenziali pericoli nella zona dove vogliono stabilire il predominio. Nel frattempo sono morte 215000 persone di cui 66000 civili
14 Novembre
Nemmeno due settimane fa 200 Russi so stati ammazzati su un aereo che tornava da una vacanza a Sharm, non c'è stato un post di solidarietà..ora siamo tutti Francesi pronti a bombardare la Siria e non si sa nemmeno bene chi, visto che fino a ieri la Francia bombardava Assad sostenuto dalla Russia, l'unica che ha preso di petto l'Isis per precisi interessi geopolitici economici. Siamo pedine, gli stessi (in senso figurato) governi che per ben 2 guerre mondiali ci hanno mandato a massacrarci fra poveracci a milioni ora ci ripropongono quale soluzione?
14 Novembre
Il rispetto per le vittime passa per la verità e la verità è che qualcuno ci guadagna e che Dio è solo una scusa.
14 Novembre
Negli anni dal 1995 ad oggi ci fu un fortissimo disagio sociale nelle Banlieue francesi disagio ascoltato a suon di Celerini, o con la "metafora" del ministro dell'interno di allora con l'Idropultrice; ora è normale che quando nessuno ti ascolta ti butti nelle braccia del primo fanatico,che ti dà un buon motivo per odiare il mondo. Gli attentatori rimangono e sono dei codardi vigliacchi, ma a questa situazione si è arrivati per precise scelte politiche di abbandono di molti strati della popolazione al loro destino. Parliamoci chiaro, gli attentatori non sono principi Sauditi annoiati della vita, ma cittadini Francesi, che uccidono altri cittadini Francesi; mi chiedo nelle periferie di Parigi, quante mosche improvvisate sono nate in questi anni e con quante biblioteche, centri sociali o più semplicemente scuole si è cercato di combatterle...

venerdì 20 novembre 2015

Sibillini-Cima Redentore



Brani tratti da "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque


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Di Kantorek ve n’erano  migliaglia, convinti tutti di far per il  meglio nel mondo ad essi più comodo. Ma qui appunto sta il fallimento. Essi dovevano essere per noi diciottenni introduttori e guide all’età virile, condurci al mondo del lavoro, al dovere, alla cultura, al progresso; insomma all’avvenire. Noi li prendevamo in giro e tavolta facevamo loro piccoli scherzi, ma in fondo credevamo a ciò che ci dicevano… il primo fuoco tambureggiante ci rilevò il nostro errore, e dietro ad esso crollò la concezione del mondo che ci avevano insegnata.
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Del resto è strano che l’infelicità del mondo derivi tanto spesso dalle persone piccole, di solito assai più energiche e intrattabili delle grandi. Mi sono sempre guardato dal capitare in reparti che avessero dei comandanti piccoli: generalmente sono dei pignoli maledetti.
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Ci eravamo arruolati pieni di entusiasmo e di buona volontà: si fece di tutto per spegnere in noi l’uno e l’altra. Dopo tre settimane riuscivamo già a concepire come un portalettere, divenuto per caso un superiore gallonato, potesse esercitare su di noi un potere maggiore di quello che prima non avessero i nostri genitori, i nostri educatori e tutti gli spiriti magni della civiltà-da Platone a Gothe-messi insieme. Coi nostri giovani occhi aperti vedemmo come il classico concetto di patria, quale ce lo insegnano i nostri maestri, si realizzasse per il momento in una rinunzia alla personalità, quale mai non si sarebbe osato imporre alla più umile persona di servizio. Saluto, attenti, passo di parata, present’arm, fianco dest’, fianco sinist’, battere i tacchi, cicchetti e mille piccole torture. Ci eravamo figurati diversamente il nostro compito; sembrava che ci si preparasse all’eroismo come cavalli da circo; ma finimmo  coll’abituarci. Comprendemmo anzi che alcune di quelle cose erano necessarie, mentre altre erano del tutto superflue. Per questo cose il soldato ha un fiuto finissimo.
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Noi eseguivamo esattamente perché il comando è comando e deve essere eseguito.
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Divenimmo duri, diffidenti, spietati, vendicativi, rozzi; e fu bene: erano proprio quelle le qualità che ci mancavano. Se ci avessero mandato in trincea senza quella preparazione, i più sarebbero impazziti. Così invece eravamo preparati a ciò che ci attendeva.
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Kat non si lascia smuovere  dall’opinione che da vecchio lupo di trincea esprime  così, ancora in  in versi :”Paga e vitto per tutti uguale, pace garantita e generale”.
Kropp invece è un pensatore. Le dichiarazioni di guerra, egli propone, dovrebbero essere una specie di festa popolare, con biglietti d'ingresso e banda, come per i combattimenti dei tori. Poi, nell'arena, i ministri e i generali dei due stati avversari, in calzoncini da bagno e armati di manganello, si azzuffano. Vince il paese di quello che caccia l'altro sotto. Sarebbe assai più semplice e meglio di adesso, che s'ammazzano tra loro persone che non c'entrano"
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Allora vede i suo elmo e se lo rimette in capo: adagio ritorna in sé…ma un tratto diventa rosso come una bragia e fa una certa faccia imbarazzata. Con prudenza mette la mano al sedere e mi fissa angustiato- Ho capito subito: diarrea di guerra. Non per questo, a dir vero, gli avevo schiaffato l’elmo proprio lì, ma lo consolo egualmente: “Non ci badare, non è vergogna. Ben altri che te ha riempito i calzoni dopo il primo attacco. Va dietro al cespuglio, getta via le mutande,e non pensarci più”
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Ha ragione: non siamo più giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi, fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciotto anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretto a spararle contro. La prima granata ci colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra.
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Uccidere un singolo pidocchio, quando se ne hanno  addosso centinaia, è un affar serio. Le bestiole sono piuttosto dure  e alla lunga diventa noioso quel perpetuo schiacciarle con le unghie.
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Per puro caso posso essere colpito, per puro caso rimanere in vita. In un ricovero a prova di bomba posso essere schiacciato come un topo e su terreno scoperto posso resistere incolume a dice ore di fuoco tambureggiante. Ciascuno di noi rimane in vita soltanto in grazia di mille casi; perciò il soldato crede e fida nel caso.
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Oggi nella patria della nostra giovinezza noi si camminerebbe come viaggiatori di passaggio: gli eventi  ci hanno consumati; siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai. Non siamo più spensierati, ma atrocemente indifferenti. Sapremo forse vivere, nella dolce terra: ma quale vita? Abbandonati come fanciulli, disillusi come vecchi, siamo rozzi, tristi, superficiali. Io penso che siamo perduti.
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Oh le pallide facce color di rapa, le tristi mani abbrancate, il miserabile coraggio di questi poveri cani, che nonostante tutto vanno avanti e attaccano; di questi, bravi, poveri cani, così intimiditi che neppure osano urlare la loro sofferenza, e col petto  e con la pancia squarciati, con le braccia e le gambe fracassate non sanno che gemere piano, chiamando la mamma e tacciono subito se qualcuno li guarda in viso!
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Vediamo vivere  uomini a cui manca il cranio; vediamo correre soldati a cui un colpo ha falciato via i due piedi e che inciampano, sui moncherini scheggiati, fino alla prossima buca; un caporale percorre due chilometri sulle mani, trascinandosi dietro i ginocchi fracassati; un altro va al posto di medicazione premendo le mani contro le budella che traboccano; vediamo uomini senza bocca, senza mandibola, senza volto; troviamo uno che da due ore tiene stretta coi denti l’arteria del braccio per non dissanguarsi; si sole si leva, viene la notte, fischiano le granate, la vita se va  a goccia a goccia.
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Non siamo mai stati molto teneri in famiglia; non usa tra la povera gente, che deve lavorare molto  e ha tanti fastidi. La gente semplice non capisce che ci si debba di continuo confermare ciò che si sa già.
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Arriva un nuovo convoglio di feriti. Nella nostra camerata entrano due ciechi. Uno è un musicista giovanissimo. Le suore non hanno mai con sé il coltello quando gli danno da mangiare, perché già una volta lo ha strappato loro di mano. Una sera durante il pasto, la suora viene chiamata via e pel momento depone sul tavolino accanto a lui il piatto con la forchetta. Egli trova a tastoni la forchetta, se l’avventa a tutta forza contro il cuore, poi prende una scarpa e picchia sul manico quanto più può. Gridano aiuto, tre uomini appena bastano a strappargli la forchetta, i cui denti  ottusi erano già penetrati nelle carni. Tutta la notte inveisce contro di noi, tantochè nessuno riesce a prender sonno. Al mattino lo assale una crisi di pianto.
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Dev’ essere  tutto menzognero e inconsistente, se migliaglia d’anni di civiltà non sono nemmeno riusciti ad impedire che questi fiumi di sangue scorrano,che queste prigioni di tortura esistono a migliaglia. Soltanto l’ospedale mostra che cosa è la guerra.
Io sono giovane, ho vent’anni: ma della vita non conosco altro  che al disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze.
Io vedo dei popoli spinti l’uno contro l’altro , e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una inconsapevole obbedienza si uccidono a vicenda.  Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo s perfezioni e duri più a lungo. E con me lo vedono tutti gli uomini della mia età, da questa parte e da quell’altra del fronte, in tutto il mondo: lo vede e lo vive la mia generazione.
Che faranno i nostri padri, quando un giorno sorgeremo e andremo davanti a loro a chieder conto? Che aspettano essi da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni e anni la nostra occupazione è stato uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi?
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Questa vita ci ha ridotto ad animali appena pensati, per darci l’arma dell’istinto; ci ha impastati di insensibilità, per farci resistere all’orrore che ci schiaccerebbe se avessimo ancora una ragione limpida e ragionante; ha svegliato in noi il senso del cameratismo, per strapparci dall’abisso del disperato abbandono; ci ha dato l’indifferenza dei selvaggi per farci sentire, ad onta di tutto, ogni momento della realtà, e per farcene come una riserva contro gli assalti del nulla. Così meniamo un’esistenza chiusa e dura, tutta in superficie, e soltanto di rado un avvenimento accende qualche scintilla. Ma allora divampa in modo inatteso una fiammata di passione aspra e terribile. Sono questi i momenti pericolosi, che ci rilevano come il nostro adattamento sia tutto artificiale; come esso non sia affatto la calma,ma uno sforzo terribile per mantenere la calma.
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La nostra linea viene portata indietro. Di là ci sono troppi reggimenti freschi,inglesi ed americani; troppo corned beef, troppa farina di grano. E troppi cannoni nuovi; e troppa aviazione. Noi invece siamo magri e spossati dalla fame. Il nostro vitto è tanto cattivo e tanta parte composto di surrogati, che ne siamo malati. I fabbricanti in Germania si sono fatti ricchi signori; ma a noi la dissenteria brucia le budella.
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La vita, che mi ha portato attraverso questi anni, è ancora nelle mie mani e nei miei occhi. Se io abbia saputo dominarla, non so. Ma finchè dura, essa si cercherà la sua strada, vi consenta e non vi consenta quell’essere,che nel mio interno dice “io”.
Egli cadde nell’ottobre 1918, in una giornata così calma e silenziosa su tutto il fronte, che il bollettino del Comando Supremo si limitava a queste parole: “ Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

Era caduto con la testa in avanti e giaceva sulla terra, come se dormisse. Quando lo voltarono si vide che doveva aver sofferto a lungo: il suo volto aveva un’espressione così serena, quasi che fossi contento di finire così.

domenica 15 novembre 2015

Considerazioni Inattuali

Negli anni dal 1995 ad oggi ci fu un fortissimo disagio sociale nelle Banlieue francesi disagio ascoltato a suon di Celerini, o con la "metafora" del ministro dell'interno di allora con l'Idropultrice; ora è normale che quando nessuno ti ascolta ti butti nelle braccia del primo fanatico,che ti dà un buon motivo per odiare il mondo. Gli attentatori rimangono e sono dei codardi vigliacchi, ma a questa situazione si è arrivati per precise scelte politiche di abbandono di molti strati della popolazione al loro destino. Parliamoci chiaro, gli attentatori non sono principi Sauditi annoiati della vita, ma cittadini Francesi, che uccidono altri cittadini Francesi; mi chiedo nelle periferie di Parigi, quante mosche improvvisate sono nate in questi anni e con quante biblioteche, centri sociali o più semplicemente scuole si è cercato di combatterle..

Nel bel libro di Antonio Pennacchi ‘Canale Mussolini’ un membro adulto della famiglia Peruzzi, trasportata di forza dal Veneto nell’Agro Pontino per le bonifiche, spiega, condividendola in pieno, la logica fascista dell’Imperium per cui L’Italia aveva non solo il diritto ma il dovere di portare la civiltà agli abissini, usando, all’occorrenza, anche le armi chimiche (in quel caso l’iprite). Finché non salta su un marmocchio che dice: “Ma zio, ma non erano esseri umani anche loro? E non eravate voi, a casa sua di loro?”. Ecco, se avessimo abbandonato la logica puramente imperiale, e oserei dire fascista, dell’andare ad ogni momento “a casa sua di loro” e fossimo restati ‘a casa nostra, di noi’, a grattarci le nostre rogne, probabilmente non avremmo alimentato un incendio che oggi può travolgere tutti. Noi e ‘loro’.

Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2015

Nemmeno due settimane fa 200 Russi so stati ammazzati su un aereo che tornava da una vacanza a Sharm, non c'è stato un post di solidarietà..ora siamo tutti Francesi pronti a bombardare la Siria e non si sa nemmeno bene chi, visto che fino a ieri la Francia bombardava Assad sostenuto dalla Russia, l'unica che ha preso di petto l'Isis per precisi interessi geopolitici economici. Siamo pedine, gli stessi (in senso figurato) governi che per ben 2 guerre mondiali ci hanno mandato a massacrarci fra poveracci a milioni ora ci ripropongono quale soluzione?

Mentre si paventano imprese militari degne del 800 nessuno ha mai pensato a un embargo sul petrolio Saudita principale finanziatore dell'Isis. Nessuno rispetta l'embargo sulle armi in Siria: i Russi vendono i carri armati, gli americani i missili anticarro e Francesi ed Inglesi bombardano le postazioni dell'Isis ma in realtà Assad ( è un anno che bombardano chiaramente non ci prendono); mandano inoltre, sia Francesi che Inglesi addestratori che formano i presunti ribelli-terroristi moderati a passare all'Isis con una certa preparazione militare. La Turchia ha preso 3 mld di Euro dall'Europa per sparare ai Siriani che scappano dalla guerra che loro stessi alimentano, nel frattempo massacrano i Curdi gli unici cristiani e potenziali pericoli nella zona dove vogliono stabilire il predominio. Nel frattempo sono morte 215000 persone di cui 66000 civili

domenica 1 novembre 2015

Tv

Te l’ho detto. Qualche volta uso il pelago, per scovare testi rari. Non leggo i giornali, e la patria televisione l’ho vista per breve tempo, quando ero ricoverato in ospedale. E’ un luogo di malattia dove tutti parlano insieme, sovrapponendosi uno all’altro, oppure parlano e fingono di non ricordare ciò che hanno detto. Esattamente come nei manicomi. Ma lì non rischi l’elettrochoc, e ti pagano pure. Locus miser! Clinica di lusso, dove il conformismo festeggia l’impunità di definirsi trasgressione. Caserma di imboscati, camerateschi con i superiori , sadici con i deboli. Luogo di mostri gozzuti, condannati a copulare in eterno tra loro. Puzza di morte più della mia camera….Tu la guardi? 
Brano tratto da "Achille piè veloce" di Stefano Benni

Stefano Benni “Achille piè veloce”

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Aspirò una boccata umida di brezza del mattino e fece entrare azoto, ossigeno, argon, xenon & radon, vapore acqueo, monossido di carbonio, ,biossido di azoto, piombo tetratile, benzene, particolato di carbonati e silicati, alcune spore fungine, un’aereoflotta di batteri, un pelo anonimo, un ectoparassita di piccione, pollini anemofili, una stilla di anidride solforosa convolata da una remota fabbrica, e  un granello di sabbia proveniente da Tevtikiye, Turchia nordoccidentale, trasportato dallo scirocco nella notte.
Insomma, respirò l’aria della città.
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La vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate. Non Crede? (Achille)
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Sì, Achille era un povero eroe colpito dal destino, ma anche Ulisse era inviso al destino e quando uno è triste non servono le classifiche, non c’è un tristo metro, è inutile dire sto mediamente peggio di te o decisamente meglio di te, si diventa tutti ottusi ed egoisti e la propria tristezza diventa una grande campana in cui ci si chiude, per non ascoltare la tristezza degli altri. (Achille)
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Te l’ho detto. Qualche volta uso il pelago, per scovare testi rari. Non leggo i giornali, e la patria televisione l’ho vista per breve tempo, quando ero ricoverato in ospedale. E’ un luogo di malattia dove tutti parlano insieme, sovrapponendosi uno all’altro, oppure parlano e fingono di non ricordare ciò che hanno detto. Esattamente come nei manicomi. Ma lì non rischi l’elettrochoc, e ti pagano pure. Locus miser! Clinica di lusso, dove il conformismo festeggia l’impunità di definirsi trasgressione. Caserma di imboscati, camerateschi con i superiori , sadici con i deboli. Luogo di mostri gozzuti, condannati a copulare in eterno tra loro. Puzza di morte più della mia camera….Tu la guardi? (Achille)
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Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di guardare quell’altare vuoto. Adoratevi l’un l’altro. Ti sembro blasfemo? (Achille)
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-Non lo so-rispose Pilar- quando guardo  questi alberi, penso che il mio posto non è in una città. Vorrei vivere in un bosco, dove la quercia e il faggio, i rovi e il muschio hanno uguale diritto di sopravvivenza, tutt‘al più  c’è qualche fungo parassita che fa il furbo. Dove non senti commenti sul colore del tuo tronco, o ti guardano male perché hai le foglie scompigliate. Oppure sotto il mare, dove nessuno è più forte e potente degli altri, ci si mangia a vicenda con equanime appetito. O in cima a una montagna, dove un paio di guanti caldi vale cento smoking. Questo paese trabocca di parole virtuose, la televisione le ripete cento volte al giorno, non c’è programma che non sponsorizzi qualche buona causa: eppure è diventato ogni giorno più razzista e insensibile. O siete sordi, o quelle parole sono false. (Pilar)
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Per quanto? Un mese, un anno. Poi questo paese mi scaccerà. Il tuo paese che ha venduto la sua varietà, la sua meravigliosa bastardaggine, il suo sangue di mille colori, in cambio del privilegio di sedere con i più forti, che forti non sono, sono soltanto più armati e più disperati. Un paese che ha tutto, meno il pane della dignità e il vino della speranza. Un paese di governanti che odiano chi è debole eppure è più vivo di loro, chi non ha potere eppure ha più futuro di loro. Di miserabili che non vogliono essere  giudicati, ma sono già nell’inferno della storia. Non voglio più vivere qui.  (Pilar)

martedì 27 ottobre 2015

The Grey


Hendrick: Is that it? You're just gonna sit there? Is that what you want?
Diaz: Yeah.
Hendrick: After what we survived?
Diaz: That's exactly why. What I got waiting for me back there? I'm gonna sit on a drill all day. Get drunk all night. That's my life. Turn around and look at that. [motions to the mountains] I feel like that's all for me. How do I beat that. When will it ever be better? I can't explain it.
The Grey (film)

sabato 24 ottobre 2015

Entrare nella natura....

Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nei fiori. Le alte montagne sono per me un sentimento.
(Reinhold Messner)

martedì 13 ottobre 2015

Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu

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-Viva il nostro glorioso re di stirpe guerrira!
Il tenente di cavalleria era il più vicino ad una grande tavola coperta di coppe di spumante. Rapidamente, ne afferrò una ancora piena, la levò in alto e gridò:
-Viva il re di coppe!
Per il colonnello fu un colpo in pieno petto. Guardò il tenente stupito, come se non credesse ai suoi occhi e alle sue orecchie. Guardò gli ufficiali, per fare appello alla loro testimonianza, e disse, più desolato che severo.
-Tenente Grisoni, anche oggi lei ha bevuto troppo.
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-A me pare che, se noi abbiamo, lassù venti battaglioni, qui, gli Austriaci non possono passare.
-E come lo impediscono i nostri venti battaglioni, da lassù? Con l’artiglieria? Ma non ve ne abbiamo un solo pezzo e non ve ne potrà essere uno solo, ché mancano le strade. Con le mitragliatrici e i fucili? Armi inutili, a tanta distanza. E Allora? Allora, niente. Perché, se noi siamo degli imbecilli, non è detto che di fronte a noi vi siano comandi più intelligenti. L’arte della guerra è la stessa per tutti. Vedrà che gli Austriaci attaccheranno Monte Fior, con quaranta battaglioni e inutilmente. E siamo pari. Questa è l’arte militare.
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-Venga qui. Si sieda un minuto. Che cosa le avevo detto io? Ecco, gli austriaci attaccano Monte Fior.
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Ho fatto due anni all’università in lettere. Sempre il primo del corso. Quella era la mia carriera. Ma mio padre aveva un chiodo nella testa. Che dico, un chiodo? Una sciabola. Mi ha obbligato  ad entrare nella scuola militare. Mio padre era colonnello, mio nonno generale, mio bisnonno generale, mio trisnonno…insomma io ho in corpo otto generazioni di ufficiali, in linea retta. Mi hanno rovinato.
Il tenente colonnello parlava lentamente. Beveva a sorsi, come si centellina, una tazza di caffè.
-Io mi difendo bevendo. Altrimenti, sarei già al manicomio. Contro le scelleratezze del mondo, un uomo onesto si difende bevendo. E’ da oltre un anno che io faccio la guerra,  un po’ su tutti  i fronti, e finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda, tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! E’ orribile! E’ per questo che ci ubriachiamo tutti, da una parte e dall’altra. Ha mai ucciso nessuno lei? Lei, personalmente, con le sue mani?
-Io spero di no.
-Io nessuno. Già non ho visto nessuno. Eppure se tutti, di comune accordo, lealmente, cessassi mo di bere, forse la guerra finirebbe. Ma se bevono gli altri, bevo anche io.
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Il primo motore è l’alcool. Perciò i soldati, nella loro infinita sapienza, lo chiamano la benzina.
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-Hurrà!
Il vento soffiava contro di noi. Dalla parte austriaca, ci veniva un odore di cognac, carico, condensato, come se si sprigionasse da cantine umide, rimaste chiuse per anni. Durante il canto e il grido dell’hurrà! Sembrava che le cantine spalancassero le porte e c’inondassero di cognac. Quel cognac mi arrivava a ondate alle narici, mi si infiltrava nei polmoni e vi restava con un odore misto di catrame, benzina,resina e vino acido.
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Anch’io rividi, per un attimo, Ettore, fermarsi, dopo quella fuga affrettata e non del tutto giustificata, sotto lo sguardo dei suoi concittadini, spettatori sulle mura, slacciarsi, dal cinturone di cuoio ricamato d’oro, dono di Andromoca,  un’elegante borraccia di cognac, e bere, in faccia ad Achille.
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-Queste sono le famose corazze “Farina”-ci spiegava il generale,- che solo pochi conoscono. Sono specialmente celebri perché consentono, in pieno giorno, azioni di audacia estrema. Peccato che siano così poche! In tutto il corpo d’armata non ve ne sono che diciotto. E sono nostre! Nostre!
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Il battaglione era pronto, le baionette innestate. La 9° compagnia era tutta ammassata attorno alla breccia dei guastatori. La 10° veniva subito dopo. Le altre compagnie erano serrate, nella trincea e nei camminamenti e dietro i roccioni che avevano alle spalle. Non si sentiva un bisbiglio. Si  vedevano muoversi le borracce di cognac. Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura, dalla cintura alla bocca. Senza arresto, come le spolette d’un grande telaio, messo in movimento.
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E’ sui monti di Asago che ho imparato a conoscere due fra i più caratteristici spiriti della cultura occidentale. Io li conoscevo già, ma superficialmente, come può conoscerli uno che li legge a tavolino, in città, in tempi normali. Di loro, non mi era rimasto alcun speciale ricorso. Letti in guerra, a riposo, sono un’altra cosa. Ariosto era un po’ come i nostri giornalisti di guerra, e descrisse cento combattimenti senza averne visto uno solo. Ma che grazia e che gioia nel mondo dei suoi eroi. Egli aveva, certamente un fondo scettico, ma spinto all’ottimismo. E’ il genio dell’ottimismo. Le grandi battaglie sono per lui delle piacevoli escursioni in campagne fiorite e persino la morte gli appare come una simpatica continuazione della vita. Qualcuno dei suoi capitani muore, ma continua a combattere senza accorgersi d’esser morto.
Baudelaire è l’opposto. Il sole dell’altopiano era fatto per illuminare la vita tetra. Come lo studente bolognese, egli avrebbe potuto vagare nudo sui monti e bere sole e cognac. Egli avrebbe  ben potuto fare la guerra a fianco del tenente colonnello  dell’osservatorio di Stoccaredo. Simile  a lui, simile a mille altri dei miei compagni , gli aveva bisogno di bere per stordirsi e dimenticare. La vita era per lui, ciò che era per noi la guerra.  Ma quali scintille di gioia umana sgorgano dal suo pessimismo.
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-Sai…così…un uomo solo……io non sparo. Tu, vuoi? Il caporale prese il calcio del fucile e rispose:
-Neppure io.
Rientrammo a carponi, in trincea. Il caffè era già distribuito e lo prendemmo anche noi.
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La guerra, per la fanteria, è l’assalto. Senza l’assalto, v’è lavoro duro, non guerra.
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-Un intelligenza per la quale è sufficiente una minuscola chiave per aprire una grande porta; una parola per afferrare il significato di un’ordine, un’intuizione per comprendere subito di primo acchito, un fatto sconosciuto per esempio…
…..
-Per esempio..che è quello scavo? E’ necessario averlo costruito per sapere cosa sia? No, o signori, non è necessario. Non occorre chiederlo. Basta  vederlo. Si presenta da sé. Si intuisce. Che cos’è? E’ un’apposizione di mitragliatrice.
L’aiutante maggiore del 2° battaglione, il professore di greco, era troppo scrupoloso per lasciare passare, senza un’osservazione, quella che era un’inesattezza. Il suo battaglione era riserva di brigata ed egli conosceva bene il suo settore. L’esattezza, innanzi tutto.
Egli fece un passo avanti e disse:
-Permette, signor generale?
-Dica pure-rispose il generale
-Per la verità signor Generale, per la verità, non una appostazione di mitragliatrice.
-E che cos’è?
-Una latrina da campo
Fu un brutto momento, per tutti. Il generale tossì. Anche qualcuno di noi tossì. La conferenza era finita.
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-In materia, l’esperienza non serve a un gran che.
-L’esperienza serve a valutare la vita per quello che è e non per quello che si vorrebbe che fosse. Lei, in confronto a me è un ragazzo. Quando si ha una donna, lontana mille chilometri, la sola cosa utile da farsi è quella di dimenticarla. Poche illusioni! Non resta altro da fare. E per dimenticare , non c’è che questo.
-Perché se non si dimenticasse, non ci rimarrebbe altro che spararsi un colpo di pistola
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COMANDANTE DELLA 10° Noi siamo entranti in guerra con i capi politici e militari impreparati. Ma questo non è un argomento per indurci a gettare le armi.
OTTOLENGHI i nostri generali sembra che ci siano stati mandati dal nemico per distruggerci.
UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI E’ vero.
COMANDANTE DELLA 11° è purtroppo così.
OTTOLENGHI e attorno a loro, una banda di speculatori, protetti da Roma, fa i suoi affari sulla nostra vita. Lo avete visto l’altro giorno con le scarpe distribuite al battaglione. Che belle scarpe! Sulle suole, con bei caratteri-colori c’era scritto VIVA L’ITALIA. Dopo un giorno di fango, abbiamo scoperto che le suole erano di cartone vernciato color cuoio.
UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI questo è vero.
COMANDANTE DELLA 11° Disgraziatamente è così!
OTTOLENGHI le scarpe non sono che un’inezia. Ma il terribile è che hanno verniciato la stessa nostra vita, vi hanno stampigliato sopra il nome della patria e ci conducono al massacro come pecore.
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-Non è la guerra di fanterie contro fanterie, di artiglierie contro artiglierie. E’ la guerra di cantine contro cantine, barili contro barili, bottiglie contro bottiglie. Per conto mio gli austriaci hanno vinto. Io mi dichiaro vinto. Mi guardi bene: io ho perduto. Non trova lei che ho l’aspetto d’un uomo disfatto?

domenica 11 ottobre 2015

“Le notti bianche” di Dostoevskij

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Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo simile potessero vivere uomini irascibili ed irosi. Gentile lettore, anche questa è una domanda propria da giovani, molto da giovani, ma che il Signore la ispiri più spesso nell’anima!
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Ma l’attimo fugge, il giorno dopo incontrate di nuovo lo stesso sguardo pensoso e distratto, lo stesso viso pallido di prima, la stessa sottomissione e mitezza nei movimenti e persino un certo pentimento, persino tracce di una tristezza mortale e di stizza per quell’effimero piacere….E vi fa una pena che quella bellezza apparsa per  un attimo sia svanita così irrevocabilmente e che, ingannevole e vana, abbia brillato davanti ai vostri occhi lasciandovi il rammarico di non aver fatto in tempo ad innamorarvi di lei….
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Camminavo e cantavo, perché quando mi sento felice devo per forza canticchiare qualcosa, come del resto ogni uomo felice che non ha né amici né buoni conoscenti, e non sa con chi divedere la gioia di un attimo lieto. Ad un tratto mi capitò l’avventura più inaspettata.
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esclamai estasiato < io rispondo di me stesso, sarò obbediente, rispettoso…voi mi conoscete>
disse ridendo la ragazza
esclamai afferrando la sua piccola mano….
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La stanza è invasa dal  buio; nella sua anima regnano  il vuoto e la tristezza; tutto il reame dei sogni intorno a lui è crollato senza lasciare traccia, senza rumori, senza chiasso è svanito come una visione ed egli stesso non ricorda cosa ha sognato. Ma una sensazione oscura a poco a poco strugge e sempre più agita il suo petto, un desiderio nuovo, tentatore, pizzica e irrita la sua fantasia e impercettibilmente attira lo sciame di nuove fantasie. Nella piccola stanza regna il silenzio: la solitudine e la pigrizia accarezzano la sua immaginazione; essa si infiamma piano,e piano si mette a bollire, come l’acqua nella caffettiera della vecchina Matrena che nella cucina accanto prepara placidamente il suo caffè.
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Quanto più siamo infelici, tanto più profondamente sentiamo l’infelicità degli altri: il sentimento non si frantuma ma si concentra….
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rispose l’ingenua Nasten’ka
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Dio che grido! Come sussultò! Come si divincolò dalle mie mani per corrergli incontro!...Io stavo fermo a guardarli, più morto che vivo. Gli strinse la mano e si gettò tra le sue braccia, poi corse di nuovo verso di me, mi si fermò vicino, veloce come il cento, come il lampo,e, prima ancora che io potessi riprendermi, mi abbracciò con tutt’e due le mani e mi baciò forte con passione. Poi senza dire una parola, si gettò di nuovo verso di lui, lo prese per mano e lo trascinò dietro di sé. Rimasi lì a lungo , continuando a guardarli..Infine entrambi scomparvero dai miei occhi.
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cominciò Matrena.
Guardai Matrena..Fino allora era stata ancora una robusta “ giovane” vecchia, ma ora, non so perché, ad un tratto mi apparve con lo sguardo spento, con le rughe in faccia, ingobbita, decrepita…Non so perché ad un tratto anche la mia stanza mi parve invecchiata come Matrena. Le pareti ed il pavimento erano sbiaditi, tutto era diventato opaco, e le regnatele si erano moltiplicate. Non so perché, quando guardai fuori dalla finestra, mi sembrò che anche la casa di fronte fosse decrepita e scolorita, che gli stucchi sulle colonne si fossero sgretolati e si staccassero, che i cornicioni fossero anneriti e pieni di crepe, che le pareti dal vivace color giallo scuro fossero tutte chiazzate…
Forse un raggio di sole, comparso improvvisamente, si  celò di nuovo sotto una nube colma di pioggia, e tutto di nuovo diventò scolorito ai miei occhi; forse era balenata davanti a me, così inospitale e triste, la prospettiva del mio futuro, e io mi vidi con l’aspetto che avrò tra quindici anni: invecchiato, nella stessa camera, solo come ora, sempre con Matrena, che di sicuro non sarà diventata più intelligente.
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Che il tuo cielo sia sereno,che il tuo sorriso sia luminoso e calmo! Sii benedetta per quell’attimo di beatitudine e di felicità che hai donato a un altro cuore, solo, riconoscente!

Dio mio! Un minuto intero di beatitudini! E’ forse poco per colmare tutta la vita di uomo?...............

sabato 10 ottobre 2015

Spagna del Sud














i templi della mia religione.....

Le montagne non sono stadi dove soddisfo la mia ambizione di arrivare. Sono cattedrali, grandiose e pure, i templi della mia religione.
(Anatoli Boukreev)

Perché non possiamo adorare un DIO..

Spesso si dice che Dio è come un padre, ha generato i suoi figli e dall’alto li accompagna e li guida. Sarà  che io sono parecchio viziato, o Dio semplicemente ha lasciato un sacco di orfani. UN padre ti guida,ti coccola, ti corregge , insiste ed è presente; fino all’ultino ti dice cosa tu debba fare. Nn importa quello che fai lui è lì ad aiutarti. Un continuo ed insistente guidarti, correggerti  indirizzarti, ed infine amarti; Dio è assente, lascia segnali così tenui ed invisibili che non riesci ad interpretarli. Un padre che ha la stessa attenzione di un fantasma.  Chiamiamo i Ghostbusters? Dio perdonerà le nostre paure.

martedì 29 settembre 2015

Ricorda i figli di Prometeo

"The fear of death follows from the fear of life. A man who lives fully is prepared to die to die at any time." Mark Twain

domenica 13 settembre 2015

Le mie lucide follie

Bisogna vivere e morire per qualcosa di più grande noi e tutti lo stiamo cercando....

La guerra all’Isis non sarà la terza guerra mondiale di Alberto Negri

Nessuno ama Bashar Assad, neanche i russi e neppure gli iraniani: ma oggi appare il male minore, unica alternativa alla vittoria dei jihadisti. Non per questo Mosca, rafforzando il suo sostegno militare a Damasco, intende far esplodere la terza guerra mondiale, come sembrava sfogliando ieri le prime pagine di alcuni giornali. Anzi la Russia, insieme all’Iran sciita, ha intuito che Assad non può vincere la guerra, e che serve trovare un compromesso per la transizione. Questo era il senso dell’offerta del Cremlino di costituire un coalizione internazionale contro lo Stato Islamico: ma è stata sdegnosamente respinta, come se qui dalle nostre parti avessero la soluzione in tasca.
Qual è adesso il messaggio di Putin? Due anni fa Mosca, sostenuta dal Vaticano, ha usato la diplomazia per salvare l’amministrazione Obama da se stessa quando Washington era pronta a bombardare l’esercito di Assad per rispondere alle accuse (forse non vere) di avere usato i gas contro i civili. Questa volta l’unico modo in cui la Russia può evitare il disastro è mostrare che non intende scaricare
il regime di Damasco.
Di calcoli sbagliati in Siria l’Occidente ne ha fatti già abbastanza. L’idea che gli americani possano costituire sul terreno una forza moderata in grado di sconfiggere sia il Califfato che Assad si è rivelata un’illusione che come i raid aerei della coalizione serve soltanto a salvare la faccia. Una delle possibilità per venirne fuori, forse l’unica, è negoziare con i russi, gli iraniani e Damasco. La maggior parte dei ribelli “moderati” è fuggita insieme alla popolazione civile e i soldati addestrati dagli Stati Uniti sono stati sbeffeggiati dai miliziani, incapaci di competere con i jihadisti per potenza di fuoco,
risorse e atrocità.
La situazione sotto il profilo militare non è disperata ma assai critica e rivela tutte le contraddizioni occidentali. Le milizie dello Stato Islamico si trovano a meno di 30 chilometri dall’autostrada M5, la spina dorsale che collega il Nord e il centro della Siria e Damasco. Il regime ha in mano ancora un terzo del territorio con almeno 13-14 milioni di persone: la sua caduta può provocare ondate bibliche di profughi verso l’Europa con contraccolpi in tutta la regione, dalla Turchia all’Iraq, dal Libano alla Giordania al Golfo.
I jihadisti hanno conquistato Palmira perché la coalizione anti-Isis, l’aviazione americana, non ha sganciato neppure una bomba contro il Califfato per non dare l’impressione di volere aiutare Assad. Non solo, dopo avere appoggiato i curdi in funzione anti-Isis, l’Occidente li ha lasciati in balìa di Erdogan che con l’obiettivo di combattere il Pkk sta colpendo in realtà tutto il movimento curdo e anche il partito politico Hdp entrato in Parlamento nel giugno scorso: in Anatolia del Sud Est c’è il coprifuoco, non si esclude un rinvio delle elezioni anticipate previste il primo novembre. Si profila una crisi seria in un bastione della Nato.
Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia continuano a sostenere che Assad se ne deve andare e allo stesso tempo dichiarano che vogliono colpire i jihadisti dello Stato Islamico. Ma è evidente che non si può combattere il Califfato e allo stesso tempo il suo avversario. A meno che Londra e Parigi non intendano comportarsi come la Turchia di Erdogan che con il pretesto della guerra al Califfato bombarda sistematicamente dei curdi, i più strenui nemici dei jihadisti.
La comunità internazionale sembra colpita da una sorta di sdoppiamento della personalità che determina comportamenti fortemente contraddittori di fronte all’Isis e a quanto accade nel Mediterraneo. Per questo il governo italiano, pur criticando Mosca, si tiene alla larga: forse potrebbe pretendere che francesi e inglesi bombardino il Califfato anche in Libia, la cui presenza è una delle conseguenze delle loro spericolate iniziative. Ma l’Occidente è in grado di dare una risposta credibile alla guerra in Medio Oriente? Il sospetto è siamo davanti a un’altra storia sbagliata. A parole gli Stati Uniti e l’Europa dicono di non volere cambiare i vecchi confini, nei fatti sono mutati da un pezzo e le potenze regionali si comportano di conseguenza. I profughi siriani arrivano da una frontiera che è già Califfato.
È questo uno dei motivi chiave perché le iniziative militari anti-Isis hanno avuto scarso successo: alla guerra degli occidentali manca l’obiettivo politico. François Hollande afferma che Assad se ne deve andare ma il presidente francese non ha la minima idea di chi mettere al suo posto, a meno di non volere riciclare i jihadisti che vuole combattere e consegnargli la Siria. Così come non si sapeva con chi sostituire Saddam nel 2003 e Gheddafi nel 2011. L’impressione è che gli Stati e l’Occidente non siano ancora usciti dalla macchina infernale delle guerre senza senso innescata dagli attentati dell’11 settembre 2001: l’anniversario di oggi dovrebbe indurci a qualche riflessione.

giovedì 3 settembre 2015

Nella colonia penale di Franz Kafka


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Vuole che le chiarisca il caso di oggi; non è diverso dagli altri. Stamattina un capitano  ha denunciato che quest’uomo, assegnatogli come attendente e che dorme davanti alla sua porta, durante  tutte le ore di servizio ha dormito. Il suo obbligo, è infatti è quello di alzarsi ogni d’ora e di salutare militarmente davanti alla porta del capitano. Obbligo non gravoso e d’altronde necessario, per restare sveglio durante la guardia ed il servizio. Stanotte il capitano ha voluto controllare se l’attendente facesse il suo dovere: alle due in punto ha aperto la porta e lo ha trovato che dormiva, rannicchiato su se stesso. Preso il frustino, lo colpì in viso. Invece di alzarsi e di chiedere perdono, l’uomo afferrò il suo padrone per le gambe, lo scosse  e gridò: “Butta via la frusta o ti magio!”
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Di solito, mi inginocchio lì davanti e contemplo il fenomeno. Quasi mai l’uomo ingoia l’ultimo boccone, per lo più lo rigira in bocca,e poi lo sputa nella fossa. Devo tirarmi indietro, altrimenti mi arriva in faccia. Come diventa silenzioso, l’uomo, quando si arriva alla sesta ora! Anche i più ottusi iniziano a capire!
Alla fine l’erpice lo trafigge da parte a parte e lo scaraventa  nella fossa, dove finisce sull’acqua insanguinata e sull’ovatta. Allora la giustizia ha espletato il suo compito e noi, io e il soldato lo seppelliamo.
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A questo punto iniziava l’esecuzione! Non una stonatura disturbava il lavoro della macchina. C’era che non guardava nemmeno più, preferendo sdraiarsi, a  occhi chiusi, sulla sabbia. Tutti sapevano: ora si compie la giustizia. Nel silenzio si udivano solamente i sospiri del condannato, attutiti dal tampone. Oggi l’apparecchio strappa al condannato sospiri che il tampone riesce sempre a soffocare.; allora gli aghi del disegnatore stillavano un liquido corrosivo, di cui poi venne vietato l’impiego. Lasciamo perdere. Ma cos’era la sesta ora! Impossibile soddisfare  tutti quelli che volevano vedere da più vicino. Il comandate nella sua lungimiranza aveva stabilito che la precedenza venisse accordata ai bambini; io, in virtù del mio compito, dovevo rimanere sempre lì vicino; spesso mi rannicchiavo con due bambini sulle braccia uno per parte. Che cosa sentivamo in quegli istanti in cui, sul quel viso martorizzato, appariva un’espressione trasfigurata! Come protendevamo le nostre guance dinanzi allo splendore di quella giustizia finalmente raggiunta e già declinante! Che tempi amico mio!
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Stava ora lì nudo. Il viaggiatore si morse le labbra e non disse nulla. Sapeva quello che sarebbe successo, ma non aveva il diritto di ostacolare in alcun modo l’ufficiale. Se la procedura penale, che tanto era a cuore all’ufficiale era davvero sul punto di essere soppressa- forse per l’intervento che il viaggiatore sentiva il dovere di compiere- allora la condotta dell’ufficiale era corretta: il viaggiatore al suo posto, non si sarebbe comportato diversamente.
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-“Sii giusto!” c’è scritto-
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Ma i due esitavano ad avvicinarsi, addirittura il condannato voltò le spalle. Il viaggiatore li dovette spingere con la forza verso la testa dell’ufficiale; di cui poté, suo malgrado, scorgere il viso. Era tale e quale era stato in vita, neppure un segno della redenzione promessa. Non aveva trovato nell’apparecchio quello che avevano trovato tutti: serrate le labbra, gli occhi aperti parevano vivi e esprimevano una persuasione calma, sulla fronte c’ero il foro del gran puntale di ferro.

giovedì 27 agosto 2015

27 agosto 1950-Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi. Cesare Pavese.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo.I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio
,come vedere nello specchio
riemergere un viso morto
,come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.