lunedì 22 luglio 2013

Il Cavaliere Inesistente di Italo Calvino

“Agilulfo trascina un morto e pensa. “Oh, morto tu hai quello che io mai ebbi ne avrò: questa carcassa. Ossia, non l’hai, tu sei questa carcassa, cioè quello che talvolta, nei momenti di malinconia, mi ritrovo ad invidiare agli uomini esistenti. Bella roba! Posso ben dirmi privilegiato, io che posso farne senza e fare tutto. Tutto – si capisce- quel che mi sembra più importante; e molte cose riesco a farle meglio di chi esiste, senza i loro soliti difetti di grossolanità, approssimazione, incoerenza, puzzo. È vero che chi esiste ci mette sempre anche un qualcosa, un’impronta particolare, che a me non riuscirà mai di dare. Ma se il loro segreto è qui, in questo sacco di trippe, grazie ne faccio anche a meno. Questa valle di corpi nudi che si disgregano non mi fa più ribrezzo del carnaio del genere umano vivente.”
Gurdulù trascina un corpo e pensa: “tu butti fuori certi peti più puzzolenti dei miei, cadavere. Non so perché tutti ti compiangano. Cosa ti manca? Prima ti muovevi, ora il tuo movimento passa ai vermi che tu nutri. Crescevi unghie e capelli: ora colerai liquame che farà crescere più alte nel sole le erbe del prato. Diventerai erba, poi latte delle mucche che mangeranno l’erba, sangue di bambino che ha bevuto il latte, e così via. Vedi che sei più bravo a vivere tu di me, o cadavere?”
Rambaldo trascina un morto e pensa: “O morto, io corro corro per arrivare qui come te a farmi tirar per i calcagni. Cos’è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglie e d’amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre? Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; ma cosa cambia? Nulla. Non ci sono altri giorni che questi giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l’esercito franco. Di abbracciare, abbracciato, la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi del destino hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano nel bussolotto. E io amo, o morto la mia ansia, non la tua pace.”.

“- mi ritroverei smarrito se m'assopissi anche solo per un istante - disse piano Agilulfo,
- anzi non mi ritroverei più per nulla, mi perderei per sempre. Perciò trascorro ben desto ogni attimo del giorno e della notte.
- deve essere brutto...
- no -. la voce era tornata secca, forte.
- e l'armatura non ve la togliete mai d'indosso?.- tornò a mormorare.
- non c'è un indosso. Togliere o mettere per me non ha senso-”

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