domenica 30 marzo 2014

Billy Budd il marinaio di Melville

 Al tempo in cui non c’erano ancora le navi a vapore, o perlomeno allora più frequentemente che ai nostri giorni, chi se ne andasse a zonzo lungo le banchine di un qualsiasi porto di mare importante si sarebbe di quando in quando trovato attratto d’improvviso da un gruppo di marinai color del bronzo, equipaggio di navi da guerra o marinai di mercantili in abiti da festa, a terra in libera uscita. In certi occasioni affiancavano , o piuttosto a mo’ di guardia del corpo davvero circondavano, qualche figura superiore della loro stessa categoria , che si muoveva insieme a loro come Aldebaran tra le luci minori della sua costellazione. Quell’insigne oggetto era il Bel Marinaio dei tempi meno prosaici sia delle flotte militari che di quelle mercantili. Senza una traccia percettibile di vanagloria di sé, anzi con la noncurante disinvoltura della regalità naturale, sembrava accettare lo spontaneo omaggio dei suoi commilitoni di bordo.

Malgrado nell’ora del pericolo o della furia degli elementi fosse tutto quanto un marinaio dovrebbe essere , tuttavia sotto l’impulso improvviso di una forte emozione la sua voce , altrimenti singolarmente musicale , come a esprimere l’armonia interiore, era soggetta a sviluppare un’esitazione organica, di fatto più o meno una sorta di balbettio se non peggio. In questo particolare Billy rappresentava un sorprendente esempio di come il malizioso intruso, l’invidioso guastafeste dell’EDEN, ancora metta più o meno il proprio zampino in ogni spedizione di uomini consegnata sul pianeta terra. In ogni caso, in un modo o nell’altro si assicura di infilare il suo biglietto da visita, quanto basta a ricordarci –qui c’è anche opera mia.

Perché ormai quando i due si incontravano gli si accendeva sul volto una specie di sguardo canzonatorio, ma solo per un momento e rimpiazzato talvolta da una mendicante espressione interrogativa sul quel che alla fine sarebbe capitato a un’indole come quella , caduta in un mondo non privo di tagliole e contro cui le sottigliezze , il puro coraggio senza esperienza e tatto, e senza la difesa di una briciola di cattiveria, serve a ben poco; un mondo dove , durante una situazione critica dal punto di vista morale, tutta l’innocenza di cui un uomo è capace non sempre aguzza le facoltà o illumina la volontà.

Un’insolita prudenza va di pari passo con la depravazione più sottile, poiché questa ha molto da nascondere. E nel caso di un’ingiuria  anche solo sospettata la sua segretezza la tiene lontano volontariamente da un eventuale chiarimento e dal disinganno; e , non senza riluttanza , si reagisce in base a congetture non meno che in base a certezze. E la rappresagli rischia di essere atrocemente sproporzionata alla presunta offesa; perché quando mai in qualcuno la vendetta si è dimostrata nelle sue estorsioni qualcosa di diverso da uno sfrenato usuraio?

Una lunga esperienza aveva verosimilmente condotto questo vecchio a quella amara prudenza che non interferisce mai in alcunché e non dà mai consiglio.

Eppure l’assoluta innocenza di un bambino non è altro che vuota ignoranza, e l’innocenza più o meno declina mano a mano che l’intelligenza cresce.

Ma l’aria franca e l’occasionale parola buona venivano prese per quello che pretendevano di essere, dato che il giovane marinaio non aveva ancora sentito parlare  dell’”uomo di parole troppo cortesi”.

Sta di fatto che l’innocenza gli faceva da paraocchi.

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