domenica 17 maggio 2020

La Seconda Guerra Fredda di Federico Rampini


Recensione:
Libro suggerito a tutti sul futuro prossimo scontro, fra la civiltà che mette la felicità e la libertà dell'individuo in costituzione, costituzione vero e più duraturo frutto dell'illuminismo e la civiltà che pone la comunità al suo centro con una leadership autocratica autoritaria paternalista confuciana. Fra la formichina irregimentata Cinese, e il cicalone libero Americano. L'Europa farà solo da sottofondo allo scontro futuro fra questi due giganti, sperando che non sia ingrata con chi per 80 anni ha garantito il suo benessere, la sua prosperità, benessere e liberal democrazia dopo le avventure dittatoriali Europee  (unico vero frutto dell'evoluzione Europea nel novecento). Chi scegliere? Degli americani ci si può fidare, faciloni ma onesti, dei cinesi? Il libro vi illustra i due futuri campi di battaglia.
Alcuni Brani:
Tappa fondamentale di questo percorso è, tra il 1999 e il 2001, il negoziato finale e poi l’ingresso della repubblica popolare nella world tradeorganization (WTO): la costruzione di una globalizzazione fondata sul reciproco intresse, che allarga a dismisura i confini del capitalismo, trasforma in profondità i meccanismo dell’economia mondiale, fino a configurare una sorta di condominio. E’ quest’ultimo il capitolo che si sta chiudendo sotto i nostri occhi.

E’ come se di colpo si fossero accesi tanti segnali d’allarme, e l’America avesse aperto gli occhi; c’è qualcuno che sta per rubarle il posto; e poiché lo sfidante ha anche un sistema politico incompatibile con i valori strorici occidentali , la minaccia assume una dimensione esistenziale epocale. Gli alleati sono chiamati a stringersi intorno agli stati uniti, o ne pagheranno le conseguenze.

L’America di Trump sta infilandosi proprio nella classica trappola di Tucidide, così come è rievocata e attualizzata dallo studioso Graham Allison guardando alla guerra del peloponneso (V secolo a.c). Secondo lo storico greco Tucidide , furono l’ascesa di Atene e la paura che ispirò a Sparta,a rendere la guerra inevitabile. Allison ha studiato 16 casi degli ultimi cinquecento anni in cui l’ascesa di una grande nazione ha minacciato la posizione della potenza dominante: ben 12 di questi si sono conclusi con una guerra.

Della Cina che i mostra i suoi muscoli sovranisti conservo un ricordo personale. I media occidentali sono talmente ossessionati dai propri demoni sovranisti (Trump o Salvini, Orban o Boris Johnson) da non avere capito quanto il sovranismo sia antecedente e nato altrove. Un laboratorio originario è proprio la Cina. Il mio ricordo risale agli ultimi mesi della presidenza di Barack Obama , quandolo segui al G20 di Hangzhou, l’antica capitale cinese della seta che fu visitata da Marco Polo. I summit sono sempre più inutili, la loro capacità di decider è in calo costante. Sino però dei punti di osservazione sui i rapporti tra i leader; sul body language, o il linguaggio del copro, con cui scelgono di confrontarsi con i propri pari. In quell’occasione la presidenza cinese che organizzava l’evento orchestrò un dispetto all’ospite americano. Quando l’Air Force One con a abbordo Obama atterrò sulla pista, c’erano come sempre telecamere di tutti i network mondiali per riprendere il leader che si affaccia allo sportello del 747 e scende dalla scaletta. Quella volta però lo sportello non si aprì. … Cominciò a trapelare la spiegazione ufficiale dai diplomatici USA: il comandante dell’Air Force One non poteva aprire lo sportello per la semplice ragione che il personale di terra dell’aeroporto non gli forniva una scaletta abbastanza alta per arrivare al secondo piano del Jumbo.
... Obama dovette , per la prima volta nella storia dei suoi viaggi ufficiali, uscire dal retro dell’Air Force One alla chetichella… Il suo arrivo fu reso invisibile e irrilevante nella scenografia. Quel giorno Xi aveva voluto umiliare Obama . Di lì a poco vinse le elezioni Trump, il quale non si lascia ,mai sfuggire un’occasione per accusare il predecessore di ingenuità e arrendevolezza nei rapporti coi cinesi. E forse su questo non ha tutti i tori.

La Cina , dopo aver subito processi devastanti do omologazione all’occidentale (nell’economia, nello stile di vita, nei costumi sessuali, nell’urbanistica) sta ricostruendo un pezzo alla volta la complessa eredità del suo passato. La civiltà era stata, per migliaglia di anni la più lontana e la più diversa dall’Occidente.

I politici cinesi sono giudicati implicitamente dai propri pari , sulla base dei benefici che offrono alla popolazione: lavoro, reddito , sicurezza istruzione, salute. In quanto all’autoritarismo , anch’esso viene giustificato in modo esplicito attingendo alla visione confuciana. Semplificando il pensiero del maestro , il sovrano è come il buon padre di famiglia le sui responsabilità sono estese all’intera nazione e che dunque deve curarsi del benessere di tutti i membri della sua comunità.
Questi ultimi, però, hanno doveri di obbedienza; devono anteporre l’armonia, l’interesse collettivo e la stabilità ai diritti individuali. C’è un etica del sovrano, molto esigente in termini di onestà e abnegazione, dedizione all’interesse generale; c’è un etica dei governati, che hanno tanti doveri, prima di avere dei diritti. Confuciano-paternalista-autoritario-meritocratico è forse la lunga definizione che meglio descrive questo regime. E ci costringe a rimettere in discussione alcune delle nostre certezze.

Solo snobbismo di occidentali che hanno già tutto- e quindi vagheggiano la decrescita felice può non vedere la grande storia del nostro tempo è questa: riuscirà la Cina a far decollare l’Africa mettendo al lavoro gli Africani, laddove noi abbiamo fallito tante e tante volte? Se dovesse riuscire la Cina con la sua ricetta brutta sporca e cattiva,questo è uno scenario, che può cambiare anche le sorti della nuova guerra fredda. Riusciamo a immaginare un futuro in cui a contrastare l’espansionismo cinese saremo rimasti solo noi occidentali-afflitti da stagnazione , invecchiamento, divisi e indecisi su tutto- mentre l’Africa starà dalla parte della Cina?Che trappola davvero.

Cina e Germania sono due economie ben diverse tra loro, però c’è questa affinità: considerano il resto del mondo un mercato che deve sempre rimanere aperto, ma non importano altrettanto dagli altri. Ancora nel 2013, a riprova di quanto solido fosse l’asse Berlino-Pechino, dazi punitivi sui pannelli solari made in China. Quei pannelli venivano esportati in Europa in palese Dumping, cioè venduti a prezzi inferiori al costo di produzione, grazie ai sussidi pubblici cinesi. E’ una forma di concorrenza sleale, espressamente vietate dalle regole WTO. Ma la Merkel impedì che fosse sanzionato quel comportamento lesivo per le aziende Europee, in nome dei suoi rapporti eccellenti con XI Jinping.

Il dilemma è chiaro. L’osservatorio particolare che è il porto di Genova ( da cui transita il 65 per cento del commercio extra UE della Lombardia, l’80 per cento di quello del Piemonte) ci restituisce la fotografia di un problema più generale. Italiano, europeo. Siamo in una situazione di dipendenza quasi eguale, speculare e simmetrica verso le due superpotenze. Una l’America , è un mercatodi sblocco indispensabili oltre che un alleato storico. L’altra,la Cina, è diventata un fornitore altrettanto essenziale e investe parecchio a casa nostra. E’ stata una situazione innocua nel trentennio della globalizzazione pacifica. Può diventare una trappola, ora che il vento è cambiato.

L’idea che l’America dipenda da un solo creditore è pura fantasia. Ma ancora più stravagante è l’idea che Pechino possa da un giorno all’altro smettere di comprare buoni del tesoro Americani. Anzitutto, un paese che accumula da decenni avanzi commerciali quindi vede affluire in casa propria, dollari, euro ,sterline yen, ha la necessità di gestire occulatamente le proprie riserve valutarie. Da circa settantacinque anni non c’è investimento più sicuro e più liquido del dollaro,e fra tutti gli investimenti in dollari i titoli pubblici sono i più solidi..La Banca centrale cinese danneggerebbe se stessa, gestirebbe male il proprio patrimonio, nuocerebbe agli interessi del proprio governo se di colpo si lanciasse in un boicotaggio del tesoro USA.

Il partito comunista è di fronte a una prova decisiva , una questione di vita o di morte , secondo Xi. Poco tempo dopo aver conquistato la nomina a segretario del partito e presidente della Repubblica, la sua campagna contro la corruzione diventa un trampolino verso l’acquisizione di un potere senza precedenti dai tempi di Mao. XI liquida altri boss di primaria importanza , inclusi altri capi militari e della polizia. Sempre accusandoli di ruberie. Sgomina fazioni avverse, ma opera probabilmente una vera pulizia morale. Così guadagna una popolarità enorme tra i cittadini .La sua retorica non ha nulla da invidiare al populismo , al nazionalismo e al sovranismo che avanzano in quegli anni in occidente: anzi per molti versi Xi precede quelle tendenze. La sua retorica alterna i richiami al maoismo e l’emulazione dell’america. E’ lui che usa sistematicamente l’immagine del sogno cinese, ricalcata sull’American Dream.

In altri termini, questa è una classica situazione bipolare. Tutti gli altri finiranno per essere costretti a scegliere da che parte stare. Proprio come accadeva durante la guerra fredda. Chi non ha ancora deciso cosa farà da grande, cioè l’Unione Europea, rischi di pagare prezzi pesanti in termini di perdita di autonomia. In un senso o nell’altro.

Non tutto nasce con Trumo né è colpa sua . Le regole della globalizzazione, fissate tra il 1999 e il 2001, quindi ritagliate su misura per una Cina allora poverissima, stanno ormai stretta un occidente in difficoltà. Le guerra commerciale, che nella narrazione dei media viene imputata all’America in realtà fu cominciata e stravinta dalla Cina.

La pressione fiscale doganale media sui beni importati in America dalla Cina passa dal 3 percento del 2017 al 24 per cento. Il che in realtà basta a stento per pareggiare il livello dei dazi che erano già praticati da Pechino sui beni made in USA, molto prima che iniziasse il braccio di ferro fra i due governi. Questo non è un dettaglio secondario, anche se viene quasi sempre sottaciuto in Occidente, dove prevale un atteggiamento critico verso Trump. Quelli che i media definiscono superdazi li adotta l’America sono in realtà i dazi normali che Pechino usa da molti anni, in virtù delle regole agevolate che furono negoziate quando la Cina era una nazione sottosviluppata ,e correva il rischio di soccombere nella concorrenza con noi.

Il discorso che un capomastro cinese fa ai colleghi, per spiegare loro che non possono sgridare gli operai americani quando commettono qualche errore :”vedete li hanno abituati in modo diverso da noi fin da bambini a scuola. Nessuno gli ha mai detto che sbagliano. Sono stati sempre coccolati e incoraggiati, al massimo la maestra gli diceva: puoi fare meglio. Sono come gli asini, vanno accarezzati nel senso del pelo”

Dai due documentari scaturisce un messaggio comune sulla Cina: ecco una nazione, anzi una civiltà che antepone l’interesso collettivo, il bene della comunità, ai desideri degli individui. Prima di dare giudizi sommari, bisogna osservare attentamente le ragioni di questa diversità profonda tra noi e loro, senza paraocchi. Nella lunga marcia che ha in mente XI, la capacità di sofferenza dei cinesi è un ingrediente della vittoria finale. L’altro ingrediente è la divisione degli occidentali: non solo il divario tra Europa e Stati Uniti, ma il fatto che nelle liberaldemocrazie il senso di destino comune sembra essere svanito. Per molti americani, per molti europei, il nemico da abbattere è dentro il proprio paese, è il leader della fazione avversa, o chi lo ha votato. La seconda guerra fredda, sarà decisa dal fronte interno.

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