venerdì 20 novembre 2015

Brani tratti da "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque


------------------------
Di Kantorek ve n’erano  migliaglia, convinti tutti di far per il  meglio nel mondo ad essi più comodo. Ma qui appunto sta il fallimento. Essi dovevano essere per noi diciottenni introduttori e guide all’età virile, condurci al mondo del lavoro, al dovere, alla cultura, al progresso; insomma all’avvenire. Noi li prendevamo in giro e tavolta facevamo loro piccoli scherzi, ma in fondo credevamo a ciò che ci dicevano… il primo fuoco tambureggiante ci rilevò il nostro errore, e dietro ad esso crollò la concezione del mondo che ci avevano insegnata.
------------------------------------------
Del resto è strano che l’infelicità del mondo derivi tanto spesso dalle persone piccole, di solito assai più energiche e intrattabili delle grandi. Mi sono sempre guardato dal capitare in reparti che avessero dei comandanti piccoli: generalmente sono dei pignoli maledetti.
----------------------
Ci eravamo arruolati pieni di entusiasmo e di buona volontà: si fece di tutto per spegnere in noi l’uno e l’altra. Dopo tre settimane riuscivamo già a concepire come un portalettere, divenuto per caso un superiore gallonato, potesse esercitare su di noi un potere maggiore di quello che prima non avessero i nostri genitori, i nostri educatori e tutti gli spiriti magni della civiltà-da Platone a Gothe-messi insieme. Coi nostri giovani occhi aperti vedemmo come il classico concetto di patria, quale ce lo insegnano i nostri maestri, si realizzasse per il momento in una rinunzia alla personalità, quale mai non si sarebbe osato imporre alla più umile persona di servizio. Saluto, attenti, passo di parata, present’arm, fianco dest’, fianco sinist’, battere i tacchi, cicchetti e mille piccole torture. Ci eravamo figurati diversamente il nostro compito; sembrava che ci si preparasse all’eroismo come cavalli da circo; ma finimmo  coll’abituarci. Comprendemmo anzi che alcune di quelle cose erano necessarie, mentre altre erano del tutto superflue. Per questo cose il soldato ha un fiuto finissimo.
--------------------------------
Noi eseguivamo esattamente perché il comando è comando e deve essere eseguito.
--------------------------------------------------------
Divenimmo duri, diffidenti, spietati, vendicativi, rozzi; e fu bene: erano proprio quelle le qualità che ci mancavano. Se ci avessero mandato in trincea senza quella preparazione, i più sarebbero impazziti. Così invece eravamo preparati a ciò che ci attendeva.
---------------------------------
Kat non si lascia smuovere  dall’opinione che da vecchio lupo di trincea esprime  così, ancora in  in versi :”Paga e vitto per tutti uguale, pace garantita e generale”.
Kropp invece è un pensatore. Le dichiarazioni di guerra, egli propone, dovrebbero essere una specie di festa popolare, con biglietti d'ingresso e banda, come per i combattimenti dei tori. Poi, nell'arena, i ministri e i generali dei due stati avversari, in calzoncini da bagno e armati di manganello, si azzuffano. Vince il paese di quello che caccia l'altro sotto. Sarebbe assai più semplice e meglio di adesso, che s'ammazzano tra loro persone che non c'entrano"
------------------------------------------
Allora vede i suo elmo e se lo rimette in capo: adagio ritorna in sé…ma un tratto diventa rosso come una bragia e fa una certa faccia imbarazzata. Con prudenza mette la mano al sedere e mi fissa angustiato- Ho capito subito: diarrea di guerra. Non per questo, a dir vero, gli avevo schiaffato l’elmo proprio lì, ma lo consolo egualmente: “Non ci badare, non è vergogna. Ben altri che te ha riempito i calzoni dopo il primo attacco. Va dietro al cespuglio, getta via le mutande,e non pensarci più”
-----------------
Ha ragione: non siamo più giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi, fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciotto anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretto a spararle contro. La prima granata ci colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra.
--------------------------------
Uccidere un singolo pidocchio, quando se ne hanno  addosso centinaia, è un affar serio. Le bestiole sono piuttosto dure  e alla lunga diventa noioso quel perpetuo schiacciarle con le unghie.
------- -------------------
Per puro caso posso essere colpito, per puro caso rimanere in vita. In un ricovero a prova di bomba posso essere schiacciato come un topo e su terreno scoperto posso resistere incolume a dice ore di fuoco tambureggiante. Ciascuno di noi rimane in vita soltanto in grazia di mille casi; perciò il soldato crede e fida nel caso.
--------------------------------------
Oggi nella patria della nostra giovinezza noi si camminerebbe come viaggiatori di passaggio: gli eventi  ci hanno consumati; siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai. Non siamo più spensierati, ma atrocemente indifferenti. Sapremo forse vivere, nella dolce terra: ma quale vita? Abbandonati come fanciulli, disillusi come vecchi, siamo rozzi, tristi, superficiali. Io penso che siamo perduti.
-------------------------
Oh le pallide facce color di rapa, le tristi mani abbrancate, il miserabile coraggio di questi poveri cani, che nonostante tutto vanno avanti e attaccano; di questi, bravi, poveri cani, così intimiditi che neppure osano urlare la loro sofferenza, e col petto  e con la pancia squarciati, con le braccia e le gambe fracassate non sanno che gemere piano, chiamando la mamma e tacciono subito se qualcuno li guarda in viso!
---------------------------------
Vediamo vivere  uomini a cui manca il cranio; vediamo correre soldati a cui un colpo ha falciato via i due piedi e che inciampano, sui moncherini scheggiati, fino alla prossima buca; un caporale percorre due chilometri sulle mani, trascinandosi dietro i ginocchi fracassati; un altro va al posto di medicazione premendo le mani contro le budella che traboccano; vediamo uomini senza bocca, senza mandibola, senza volto; troviamo uno che da due ore tiene stretta coi denti l’arteria del braccio per non dissanguarsi; si sole si leva, viene la notte, fischiano le granate, la vita se va  a goccia a goccia.
-------------------------------
Non siamo mai stati molto teneri in famiglia; non usa tra la povera gente, che deve lavorare molto  e ha tanti fastidi. La gente semplice non capisce che ci si debba di continuo confermare ciò che si sa già.
--------------------------------------
Arriva un nuovo convoglio di feriti. Nella nostra camerata entrano due ciechi. Uno è un musicista giovanissimo. Le suore non hanno mai con sé il coltello quando gli danno da mangiare, perché già una volta lo ha strappato loro di mano. Una sera durante il pasto, la suora viene chiamata via e pel momento depone sul tavolino accanto a lui il piatto con la forchetta. Egli trova a tastoni la forchetta, se l’avventa a tutta forza contro il cuore, poi prende una scarpa e picchia sul manico quanto più può. Gridano aiuto, tre uomini appena bastano a strappargli la forchetta, i cui denti  ottusi erano già penetrati nelle carni. Tutta la notte inveisce contro di noi, tantochè nessuno riesce a prender sonno. Al mattino lo assale una crisi di pianto.
----------------------
Dev’ essere  tutto menzognero e inconsistente, se migliaglia d’anni di civiltà non sono nemmeno riusciti ad impedire che questi fiumi di sangue scorrano,che queste prigioni di tortura esistono a migliaglia. Soltanto l’ospedale mostra che cosa è la guerra.
Io sono giovane, ho vent’anni: ma della vita non conosco altro  che al disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze.
Io vedo dei popoli spinti l’uno contro l’altro , e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una inconsapevole obbedienza si uccidono a vicenda.  Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo s perfezioni e duri più a lungo. E con me lo vedono tutti gli uomini della mia età, da questa parte e da quell’altra del fronte, in tutto il mondo: lo vede e lo vive la mia generazione.
Che faranno i nostri padri, quando un giorno sorgeremo e andremo davanti a loro a chieder conto? Che aspettano essi da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni e anni la nostra occupazione è stato uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi?
---------------------------
Questa vita ci ha ridotto ad animali appena pensati, per darci l’arma dell’istinto; ci ha impastati di insensibilità, per farci resistere all’orrore che ci schiaccerebbe se avessimo ancora una ragione limpida e ragionante; ha svegliato in noi il senso del cameratismo, per strapparci dall’abisso del disperato abbandono; ci ha dato l’indifferenza dei selvaggi per farci sentire, ad onta di tutto, ogni momento della realtà, e per farcene come una riserva contro gli assalti del nulla. Così meniamo un’esistenza chiusa e dura, tutta in superficie, e soltanto di rado un avvenimento accende qualche scintilla. Ma allora divampa in modo inatteso una fiammata di passione aspra e terribile. Sono questi i momenti pericolosi, che ci rilevano come il nostro adattamento sia tutto artificiale; come esso non sia affatto la calma,ma uno sforzo terribile per mantenere la calma.
--------------------------
La nostra linea viene portata indietro. Di là ci sono troppi reggimenti freschi,inglesi ed americani; troppo corned beef, troppa farina di grano. E troppi cannoni nuovi; e troppa aviazione. Noi invece siamo magri e spossati dalla fame. Il nostro vitto è tanto cattivo e tanta parte composto di surrogati, che ne siamo malati. I fabbricanti in Germania si sono fatti ricchi signori; ma a noi la dissenteria brucia le budella.
--------------------------------
La vita, che mi ha portato attraverso questi anni, è ancora nelle mie mani e nei miei occhi. Se io abbia saputo dominarla, non so. Ma finchè dura, essa si cercherà la sua strada, vi consenta e non vi consenta quell’essere,che nel mio interno dice “io”.
Egli cadde nell’ottobre 1918, in una giornata così calma e silenziosa su tutto il fronte, che il bollettino del Comando Supremo si limitava a queste parole: “ Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

Era caduto con la testa in avanti e giaceva sulla terra, come se dormisse. Quando lo voltarono si vide che doveva aver sofferto a lungo: il suo volto aveva un’espressione così serena, quasi che fossi contento di finire così.

Nessun commento:

Posta un commento