giovedì 3 settembre 2015

Nella colonia penale di Franz Kafka


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Vuole che le chiarisca il caso di oggi; non è diverso dagli altri. Stamattina un capitano  ha denunciato che quest’uomo, assegnatogli come attendente e che dorme davanti alla sua porta, durante  tutte le ore di servizio ha dormito. Il suo obbligo, è infatti è quello di alzarsi ogni d’ora e di salutare militarmente davanti alla porta del capitano. Obbligo non gravoso e d’altronde necessario, per restare sveglio durante la guardia ed il servizio. Stanotte il capitano ha voluto controllare se l’attendente facesse il suo dovere: alle due in punto ha aperto la porta e lo ha trovato che dormiva, rannicchiato su se stesso. Preso il frustino, lo colpì in viso. Invece di alzarsi e di chiedere perdono, l’uomo afferrò il suo padrone per le gambe, lo scosse  e gridò: “Butta via la frusta o ti magio!”
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Di solito, mi inginocchio lì davanti e contemplo il fenomeno. Quasi mai l’uomo ingoia l’ultimo boccone, per lo più lo rigira in bocca,e poi lo sputa nella fossa. Devo tirarmi indietro, altrimenti mi arriva in faccia. Come diventa silenzioso, l’uomo, quando si arriva alla sesta ora! Anche i più ottusi iniziano a capire!
Alla fine l’erpice lo trafigge da parte a parte e lo scaraventa  nella fossa, dove finisce sull’acqua insanguinata e sull’ovatta. Allora la giustizia ha espletato il suo compito e noi, io e il soldato lo seppelliamo.
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A questo punto iniziava l’esecuzione! Non una stonatura disturbava il lavoro della macchina. C’era che non guardava nemmeno più, preferendo sdraiarsi, a  occhi chiusi, sulla sabbia. Tutti sapevano: ora si compie la giustizia. Nel silenzio si udivano solamente i sospiri del condannato, attutiti dal tampone. Oggi l’apparecchio strappa al condannato sospiri che il tampone riesce sempre a soffocare.; allora gli aghi del disegnatore stillavano un liquido corrosivo, di cui poi venne vietato l’impiego. Lasciamo perdere. Ma cos’era la sesta ora! Impossibile soddisfare  tutti quelli che volevano vedere da più vicino. Il comandate nella sua lungimiranza aveva stabilito che la precedenza venisse accordata ai bambini; io, in virtù del mio compito, dovevo rimanere sempre lì vicino; spesso mi rannicchiavo con due bambini sulle braccia uno per parte. Che cosa sentivamo in quegli istanti in cui, sul quel viso martorizzato, appariva un’espressione trasfigurata! Come protendevamo le nostre guance dinanzi allo splendore di quella giustizia finalmente raggiunta e già declinante! Che tempi amico mio!
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Stava ora lì nudo. Il viaggiatore si morse le labbra e non disse nulla. Sapeva quello che sarebbe successo, ma non aveva il diritto di ostacolare in alcun modo l’ufficiale. Se la procedura penale, che tanto era a cuore all’ufficiale era davvero sul punto di essere soppressa- forse per l’intervento che il viaggiatore sentiva il dovere di compiere- allora la condotta dell’ufficiale era corretta: il viaggiatore al suo posto, non si sarebbe comportato diversamente.
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-“Sii giusto!” c’è scritto-
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Ma i due esitavano ad avvicinarsi, addirittura il condannato voltò le spalle. Il viaggiatore li dovette spingere con la forza verso la testa dell’ufficiale; di cui poté, suo malgrado, scorgere il viso. Era tale e quale era stato in vita, neppure un segno della redenzione promessa. Non aveva trovato nell’apparecchio quello che avevano trovato tutti: serrate le labbra, gli occhi aperti parevano vivi e esprimevano una persuasione calma, sulla fronte c’ero il foro del gran puntale di ferro.

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