mercoledì 20 settembre 2017

Ascesa al Kilmanjaro Settembre 2017


08-09-2017 Roma Fiumicino
Parto da Macerata arrivo in machina fino a Terni prendo alla stazione Alessio e proseguiamo per Fiumicino, l’aeroporto iniziale del nostro viaggio.
Partiti da Fiumicino  alle 16:00 dopo 6 ore di volo->atterraggio la mattina del 09-09-2017 all’aeroporto Internazionale di Adis Abeba Etiopia. Aeroporto “piccolo” senza pretese con un forte odore di spezie.

09-09-2017 Adis Abeba AEROPORTO
Nell’attesa per l’imbarco per la Tanzania, provo  a dormire secondo la ben nota ti teoria di Bukowski quando uno è stanco dorme dappertutto, ed è così, ma Bukowski non ha avuto a che fare che dei tremendi Nippo-Coreani che mi svegliano.
Arrivati all’aeroporto io e Alessio veniamo fermati, un tipo ci ritira i passaporti; fanno passare tutti e nell’attesa di spiegazioni comprendiamo che era un controllo sanitario, fermano tutti quelli che non hanno fatto il vaccino per la febbre gialla. Alla fine veniamo interrogati e riusciamo a chiarire che noi in Etiopia siamo solo passati per l’aeroporto e non possiamo essere portatori di febbre gialla. Abbiamo i nostri passaporti e ci rechiamo a fare il visto. L’efficienza Tanzana è proverbiale dopo due ore siamo fuori dall’aeroporto. Ci uniamo nel viaggio per il Lodge con una famiglia romana, li vedo un po’ spaesati, vanno a fare il Safari; mentre noi temiamo che ci lascino in una strada di Arusha, loro vogliono fermarcisi, la povertà è troppa per stare tranquilli. L’autista è della nostra stessa opinione ci scarica direttamente dentro l’hotel sia noi che loro.
All’Hotel si presentano le nostre guide John e Livingstone; il primo è rotondo e sorridente, il secondo più chiuso e magro; ceniamo  con roastbeef, riso, e dolce alle banane chiudiamo la serata “godetevi questa notte, che poi dopo è scomodo, freddo e incerto il sonno”. Mai premonizione fu più vera.
10-09-2017 MACHAME GATE 1700 m s.l.m
Partenza da Arusha, ci si sposta fino al gate in Defender; le strade sono polverose e sfatte, l’asfalto raro. L’autista è vestito da Domenica, causando l’ilarità delle altre guide, sa parlare italiano e ama il comportamento degli italiani, tranquilli, poco esigenti ( secondo Alessio lo dice a tutti, Matteo nega ed io penso che Alessio sia un cinico). Nel percorso si discuta sulla vita e ci consiglia si non scegliere moglie la domenica, perché la domenica “sono tutti belli”. La sua guida è senza paura, il Defender sobbalza e scalcia lungo tutto il percorso, Matteo dorme e non vede, ma negli occhi di Federico scorgo una luce di inquietudine, il Defender in un sorpasso sembra destinato ad un frontale, fortunatamente non accade nulla e proseguiamo verso il GATE. Per la strada troviamo un camion ribaltato non ci fermiamo perché non ci fidiamo sangue e morte dappertutto. Al Machame Gate pranziamo, un tramezzino vegetariano, un coscio di pollo e un mela e scegliamo il capo spedizione; la scelta ricade ovviamente su di me,  il kit di forchette portatili ha dominato. Inizia la salita dal gate al Machame CAMP da 1800 m a  2900 m s.l.m la natura è lussureggiante nella zona pluviale passo dopo passo arriviamo alla foresta bassa; la giornata passa senza troppo affaticarsi con 11 km di salita. Le soste sono brevi ed intensi  nessuno accusa stanchezza e la vista dal campo base della montagna rafforza l’animo della squadra.  Il campo a 2900 m è un groviglio  di tende e scopriamo di avere a nostra disposizione 17 persone; abbiamo due guide, un assistente alle guide un cuoco un cameriere e un addetto alla toilette. L’unico non entusiasta del suo mestiere è il “garson piì” che poi scopriamo chiamarsi Bob, è un rasta dalla faccia stressata.  Al campo per merenda troviamo  Tè caldo, pop corn e biscotti tutto posizionato in un tavolino da campeggio ricoperto da una tovaglia blu a scacchi. Alle 19:00 facciamo cena, un’altra zuppa di Karibu che poi come parola scopriamo significare Benvenuti, segue pesce fritto del lago Vittoria, data la distanza siamo perplessi ma mangiamo. Concludiamo con frutta avocado e patate arrosto tanzane. Entra nella stanza il capo guida John, ci chiede come stiamo dandoci una tabella da compilare l’unico termine che non comprendiamo è hunting, a nessuno sembra di essere stato a caccia nella giornata odierna, perciò chiediamo chiarimenti;  con hunting si intende essere andati in bagno. (nota personale: vedo Alessio perplesso sul hunting, le vedo pallido e temo per la sua salute). Ore 20:00 in bagno ed a letto, nel trasferimento dalla tenda mensa alla tenda notte rischiamo il congelamento , riprendiamo vita solo dentro il sacco a pelo. Le latrine dei campi sono veramente pessime, grazie a Bob noi abbiamo la nostra.  Delle fatiche della giornata ripaga uno splendido cielo stellato uno dei più limpidi mai visti.
Le tende sono rosse della Ferrino alla memoria torna a tutti la spedizione sfortunata di Nobile.
Nomi del personale Tanzano:
·         John prima guida solare e rotondo
·         Livingstone seconda guida silenzioso, magro sembra lui il vero alpinista
·         Ramna aiuto dalle guide
·         Vincent cameriere il nostro addetto di stanza
·         Bob toilette

11/09/2017 SHIRA CAMP 3800 m s.l.m
La cima del Kilimanjaro si affaccia tra le nuvole  e ci chiama alla vetta. Sveglia sul presto alle 6:30 caffè, thé, ginseng ci attendono alla tenda mensa, la colazione consistente in Wrustel, omelette e frittata e abbondante e calorica.
Raggruppate le nostre cose partiamo e camminiamo fino a raggiungere lo Shira Camp a 3800 m s.l.m  siamo molto veloci in 3h 50 min siamo al campo.  Il percorso ha una vegetazione tipico di brughiera e si cammina su rocce di lava solidificata, è un paesaggio marziano rocce e polvere; da questo momento la polvere sarà nostra fedele compagna di ascesa. Si fa un veloce pranzo con pasta al ragù e verdure, un agrume dagli effetti sconosciuti e dal sapore aspro chiude il pasto. La squadra è forte e motivata 2 su 4 sono andati in Hunting.
Alessio propone uno strano gioco di carte citando fantomatici video sull’Everest, siamo tutti preoccupati. La compagnia è fiacca perciò decido di rincuorarla con canti alpini tristi; nel cantarli non riusciamo bene a ricordare che fine fanno tutti i pezzi del capitano degli alpini, conveniamo che è troppo sentimentale e che era molto più pratico seppellirlo intero. La squadra, non so se motivata dai canti o spaventata da essi, raddoppia la sua velocità ma non riescono a seminarmi.
Scrive Alessio:
Il diario della sera del 11 lo scrivo io , Alessio, perché Giovanni forse a causa dei canti alpini è fortemente debilitato. Il nostro Vincent ha appena sparecchiato la tavola in un'atmosfera cupa e disillusa. Ottimo pranzo, spaghetti al ragù e peperoni; come avranno fatto a farli cuocere? A quale altitudine e a che temperatura bolle l’acqua? Il caposquadra dà segni di squilibrio, il primo ad accorgersene è Livingstone durante l’acclimatamento verso lo SHIRA CAMP II. Al rientro Giovanni in delirio; forte mal di testa, flatulenza (speriamo per la notte in tenda), nausea leggera, possibili cause: mal di montagna, febbre gialla, insolazione (o più di una insieme). Il capo squadra avverte la guida John della sua imminente morte, in modo che venga rimandato a casa con l’elicottero, ma John risponde che secondo lui sta bene e che non vuole scalfire il suo 98% di successi al costo di portarlo in cima già cadavere. Giovanni quindi attenderà il giudizio della notte.  Cena con zuppa di zucche, riso e carne di manzo.
Scrive Giovanni:
Era un false allarme la misura della saturazione del sangue indica che non sono vicino alla morte (>83%) e nonostante sentissi la sua fredda presenza, stanotte non avrò problemi, mangio scondito per cercare di migliorare il clima in tenda, vedo Alessio seriamente preoccupato. Ho perso l’occasione di tornare salvo ad Arusha devo raggiungere la cima.
Lavarsi a 3800 m: l’igiene è fondamentale per mantenere il corpo in salute e in forze mi appresto quindi  a lavarmi con la bacinella portatami da Vincent, 4 litri di acqua pulita e calda. Mi tolgo il primo strato di magliette fino ad arrivare alla nudità sento il freddo intirizzirmi il corpo, inizio a sciacquarmi e ad asciugarmi, il lavaggio è quasi fatto, il cuore è spinto al massimo dei suoi giri, non so se più per lo shock del freddo e l’agitazione di sbrigarsi a farlo. L’igiene diventa quindi veramente difficile, ed in fondo l’accumulo di sporco può fare da coibente, espongo la mia teoria alla squadra sono perplessi ma anche loro pensano che la pulizia dipenda dalla quota e non sia necessaria superati i 4000 m s.l.m è un lusso per chi vive nella bassa.

12-09-2017 BARANCO CAMPO 3900 s.l.m ore 19:35
Partenza mattina alle 6:30 dal campo Shira I, si attraversa un deserto di sassi e polvere fino ad arrivare alla Lava Tower a 4600 m s.l.m il fisico è provato dalla mancanza di ossigeno ad ogni passo  il cuore mi pulsa nella testa ma l’obbiettivo è raggiungibile. Pranziamo a sacco sul lava tower, panino vegetariano e un cosciotto di pollo, Federico sospetta corvo, giochiamo con i corvi Alessio sadicamente gli dà un pezzo del suo pezzo di corvo-pollo. Iniziamo la discesa passando sotto il ghiacciaio e attraversiamo un giardino di piante grasse dalle dimensioni considerevoli, hanno un aspetto tetro un danese si china a terra per fotografarli, sparisce dalla mia vista. Il sole ci abbandona quasi subito una nebbia ci avvolge “wimbo”. Arriviamo al Baranco CAMP e inizia il dramma, mal di testa, nausea, mal di stomaco, brividi di freddo. Mi chiudo dentro la tenda aspettando il mio destino.
Discutiamo in tenda sul senso della vita, il tema spinge Alessio a decidere di riorganizzare la logistica e gli spazi, borse in mezzo, sacco a pelo ai lati. Voglio obbedire, ma sto male, dico di aspettare la mia veloce e certa morte, mi guarda con sguardo torvo. Trovo le forze per obbedire, effettivamente la tenda è organizzata meglio e il nuovo layout rende possibile che non ci si passi sopra per uscire dalla tenda. Il senso della vita quindi e ordinare tutto fregandosene della sicura e certa fine.
Ci incontriamo nella tenda mensa Il morale della squadra:
·         Matteo: sta per morire ma con un OKI resiste
·         Federico: non ha sentito nulla, secondo me nasconde antenati grandi alpinisti
·         Alessio: per empatia con il mio stato finge un leggere mal di testa, effettivamente rincuora (da bravo compagno di tenda) ma non è credibile
Ceniamo con zuppa di prezzemolo, pasta e una teglia in rosso di peperoni, carne carote che piace a tutti, frutta fresca; stiamo bene per oggi abbiamo finito, il prossimo passo è solo andare a dormire. La notte al Baranco CAMP è contornata di stelle che delineano il profilo della montagna, questa notte le spettacolo sono loro.


Giorni
Distanza percorsa  [km]
Dislivelli
Da
m.slm
A
m.slm
Diff- m.slm
1
11
Gate Machame
1743
Machame CAMP
3026
1283
2
6
Machame CAMP
3026
Shira CAMP
3766
740
3
7
Shira CAMP
3766
Lava TOWER
4600
834
3
Lava TOWER
4600
Barranco CAMP
3990
610
4
6
Barranco CAMP
3983
Karanga CAMP
3995
12
5
6
Karanga CAMP
3995
Barafu CAMP
4673
678
6
5
Barafu CAMP
4673
Huro PEAK
5895
1222
12
Huro PEAK
5895
Mweka CAMP
3000
2895
7
11
Mweka CAMP
3000
Mweka GATE
1640
1360
TOTALI
67


Dislivelli

9634

13-09-2017 KARANGA CAMP 3995 m s.l.m
Sveglia al BARANCO CAMP alle 6:30, colazione in tenda mensa con sbobba che ha il sapore di riso  ma nutriente. Il percorso si svolge fra il BARANCO CAMP e il KARANGA CAMP sono 6 km di sabbia, sassi e Sali e scendi anticipati dalla parete “The WALL” che rimane esposta e richiede per 70 m l’appoggio delle mani in parete. Superiamo tutti agilmente la parete, unico ingorgo del viaggio, una striscia di portatori, escursionisti è arrampicata per la roccia; arrivati in cima ci aspetta sotto di noi un tappeto di nuvole che rende l’atmosfera fatata. Ripartiamo dopo le rituali foto e soste e  arriviamo presto al KARANGA CAMP facciamo pranzo e le guide ci suggeriscono di andare a riposare in tenda fino alle 15:30, dopo facciamo una veloce salita di acclimatamento e fino a cena tutto va bene.
A cena facciamo il briefing per la giornata di domani, il giorno del destino, si prova la vetta; prima del briefing tensione dopo il briefing panico John prospetta momenti di sfiancamento, vomito, svenimento, solo lo sguardo alla vetta di rincuora. La notte al Karanga camp passa veloce ogni tenda è una lucina che sembra abbia voglia di far parte del firmamento.

14-09-2017 BARAFU CAMP 4700 m s.l.m
La giornata passa nello spostamento fra il KARANGA e il BARAFU CAMP, siamo stabilmente sopra i 4500 m s.l.m senza accusare particolari malanni. A 4700 m quando c’è il sole equatoriale si muore di caldo, quando se ne va freddo pungente ed estremo. Arrivati alle 12:00 riposiamo in tenda fino alle 17:00, l’attesa in tenda ci permette di comprendere come il nostro corpo reagirà all’altezza, solo lo stato del nostro corpo occupa le nostre menti; si torna a un primitivo ascolto delle nostre sensazioni vitali primarie, dormire, mangiare e respirare. Ci muoviamo solo per fare in breve acclimatamento a 5000 m, da cui scorgiamo il campo dall’alto è arrampicato su un fianco della montagna. Tornati in tenda al suo esterno è un pieno vociare di portatori, guide e altri alpinisti, giostrano come la polvere che ci circonda. Facciamo prima di cena fatta alle 17:00 un veloce giro intorno all’accampamento c’è freddo e nebbia, e scorgiamo scendere a valle una persona trasportata in barella, cattivo presagio. Il diario è proporzionale alla quota le preoccupazioni aumentano e il dono della sintesi prevale sul romanzo; alle 23:00 è prevista la partenza per la vetta.
Sera del 14, scrive Alessio. Scrivo io il diario perché Giovanni è nervoso per la salita finale e ha problemi di stomaco. Abbiamo mangiato zuppa di porro e pasta scotta con verdura. Nel briefing pre-ascesa John ha terrorizzato tutti ottima guida ma pessimo motivatore. Anche Giovanni dopo i primi giorni si sta rilevando un motivatore scadente perché non ha fatto altro che lamentarsi.
Giovanni risponde Alessio non ha mai sofferto di mal di montagna.
Alle 23:00 ci svegliano e proviamo la salita in vetta.

15/09/2017 VETTA HURO PEAK 5985 e MWEKA CAMP 3100 m s.l.m
Sveglia la note del 14 alle 23:00 breve summit sull’ascesa, non ho mai dormito, si mangia biscotti secchi e si beve té. Living Stone per motivarmi sostiene che i miei vestiti sono “sì tecnici ma non adatti al clima rigido della vetta del Kilimangiaro”. Si inizia il cammino alle 23:30 escono dei puntini di luce da ogni gruppo di tenda tutti in fila tentiamo l’ascesa, il fianco della montagna è una scia di luce che segue un sogno. Si cammina in maniera robotica dietro la guida sperando che il suo pole, pole (piano, piano) ci dia la forza per la vetta; sento dapprima caldo per lo sforzo ma l’altezza che ad ogni passo aumenta fa sentire il suo freddo, anche sopra al riscaldamento che provoca il nostro movimento. Mi sento esausto a metà percorso, sento le forze mancarmi e ad ogni passo barcollo, il mal di montagna si sta prendendo il mio corpo, ma la mia anima non cede. Ad una sosta provo a mangiare una barretta e vomito, non mi arrendo cammino, fino a sentirmi di nuovo esausto, fermo la spedizione e chiedo a che punto siamo, il fisico è stremato, John mi comunica che siamo a buon punto e che questo è il punto di non ritorno, il mio cuore è in vetta decido di rischiare e continuare a camminare; d’improvviso le forze ritornano riesco a tenere il passo. La squadra si divide in due fazioni, Federico e Alessio non sentono nulla e camminano come alpinisti esperti, io e Matteo tiriamo fuori l’anima per di arrivare; anche Mattero barcolla e oscilla ad ogni passo. Spero a breve nell’alba che mi permetta almeno di alleviare il dolore provocato dal freddo. Il miracolo arriva spunta il sole e contemporaneamente siamo a STELLA POINT, è la svolta; le endorfine riempiono il mio corpo e annebbiano la mia mente insisto per la foto, per il terrore di non essere portato fino a HURO PEAK, ma John dà il suo assenso per proseguire. Non sento più nulla se non l’entusiasmo, la mia droga essere arrivato in vetta, ed ad Huro Peak il mio cuore esplode di gioia. Rimaniamo giusto il tempo di fare un breve video e foto con il cartello e subito sollecitati dalle guide torniamo al BARAFU CAMP. La discesa è dura sono stanco e le guide corrono su una pietraia di sassi e sabbia, solo la volontà e la promessa del riposo di un’ora mi aiutano ad arrivare a valle ed in momenti di difficoltà Livingstone mi sorregge. Si riposa 1 ora, si mangia e riparte subito per il MWEKA  camp a 3000 m sl.m. La discesa è triste e piena di nostalgia, percorriamo un percorso che sa di fine dell’avventura. Matteo sostiene che nella vita si ricordano solo due cose l’amore e il dolore, rifletto fra me e me che spesso corrispondono, il dolore per un amore finito male. Finalmente arrivati al MWEKA CAMP ceniamo e per la prima volta dormo tutta la notte un sonno senza sogni, sono realizzato, sono riposato non ho più bisogno di sognare; il mio sogno, la vetta è stato raggiunto.
16/09/2017 MWEKA CAMP 3000 m s.l.m
Sveglia alle 6:00  colazione con frittata, pane fritto, caffè africano fa caldo e tutti i nostri volti provati dalla fatica sono distesi, la nostra truppa ci lascia cantandoci la canzone del Kilimangiaro, il testo mi rimane misterioso ma sono stati loro che ci  hanno permesso la salita. Alessio prende le funzioni del capo squadra e fa il discorso di comiato, sintetico efficace e da applauso. Iniziamo la discesa e argomenti leggeri prendono il nostro cuore, ci chiediamo perché Stella point si chiami così, sembra che sia il nome di un’americana morta nella discesa; non approfondiamo. Attraversiamo per l’ultima volta la foresta pluviale, vedendo la scimmia bianca. Mattero lamenta un male al petto per troppo ossigeno, la squadra di cuore ride, ci siamo riusciti. La notte siamo ad ARUSHA al PLANET LODGE il paradiso

https://www.youtube.com/watch?v=d4_fw55-mBo


17/09/2017 ARUSHA 1000  m s.l.m
Da Arusha partiamo per tornare a casa. Ognuno di noi ha il cuore pieno dell’esperienza della vetta, siamo riusciti a fare il nostro primo circa 6000 m.Commenti al viaggio:
Matteo "abbiamo dominato come le bestie"
Federico "epica, selvaggia,autentica"
Alessio "bussato, bussato,fortemente bussato"
Giovanni "scomodo, ma bella bella esperienza"

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