domenica 1 febbraio 2015

"Sono arrivato l'altro ieri dopo un ottimo viaggio. La Fortezza è grandiosa..." Il Deserto Dei Tartari di Dino Buzzati

Già era scesa la piena notte. Drogo era seduto nella nuda camera della ridotta e si era fatto portare carta, inchiostro e penna per scrivere.
"Cara mamma" cominciò a scrivere e immediatamente si sentì come quando era bambino. Solo, al lume di una lanterna, mentre nessuno lo vedeva, nel cuore della Fortezza a lui ignota, lontano dalla casa, da tutte le cose familiari e buone, gli pareva una consolazione poter almeno aprire completamente il suo cuore.
Certo, con gli altri, con i colleghi ufficiali, doveva farsi vedere uomo, doveva ridere con loro e raccontare storie spavalde di militari e di donne. A chi altri se non alla mamma poteva dire la verità? E la verità di Drogo quella sera non era una verità da bravo soldato, non era probabilmente degna dell'austera Fortezza, i compagni ne avrebbero riso. La verità era la stanchezza del viaggio, l'oppressione delle tetre mura, il sentirsi completamente solo.
"Sono arrivato sfinito dopo due giorni di strada" questo le avrebbe scritto "e, arrivato, ho saputo che se volevo potevo tornare in città. La Fortezza è malinconica, non ci sono paesi vicini, non c'è nessun divertimento e nessuna allegria." Questo le avrebbe scritto.
Ma Drogo si ricordò della mamma, a quell'ora ella pensava proprio a lui e si consolava all'idea che il figlio se la passasse piacevolmente con simpatici amici, magari, chissà, in gentile compagnia. Lei certo lo credeva soddisfatto e sereno.
"Cara mamma" la sua mano scrisse. "Sono arrivato l'altro ieri dopo un ottimo viaggio. La Fortezza è grandiosa..." Oh, farle capire lo squallore di quelle mura, quell'aria vaga di punizione ed esilio, quegli uomini stranieri ed assurdi. Invece: "Gli ufficiali qui mi hanno accolto affettuosamente" scriveva. "Anche l'aiutante maggiore in prima è stato molto gentile e mi ha lasciato completamente libero di tornare in città se volevo. Eppure io..."

Forse in quel momento la mamma girava nella sua stanza abbandonata, apriva un cassetto, metteva in ordine certi suoi vecchi vestiti, i libri, lo scrittoio; li aveva già riordinati tante volte, ma le pareva così di ritrovare un po' la viva presenza di lui, come se egli dovesse rincasare, al solito, prima di pranzo. Gli pareva di udirlo, il noto rumore dei suoi piccoli passi irrequieti che si sarebbero detti sempre in ansia per qualcuno. Come avrebbe avuto il cuore di amareggiarla? Se le fosse stato vicino, nella stessa stanza, raccolti sotto il familiare lume, allora sì Giovanni le avrebbe detto tutto e lei non avrebbe fatto in tempo a contristarsi, perché lui le era accanto e il brutto era ormai passato. Ma così da lontano, per lettera? Seduto accanto a lei, dinanzi al camino, nella rassicurante tranquillità dell'antica casa, allora sì le avrebbe parlato del maggiore Matti e delle sue insidiose blandizie, delle manie di Tronk! le avrebbe detto come stupidamente avesse accettato di rimanere quattro mesi, e probabilmente entrambi ci avrebbero riso sopra. Ma come fare, così da lontano?
"Eppure io" Drogo scriveva "ho creduto bene per me e per la carriera restare qualche tempo quassù... La compagnia poi è molto simpatica, il servizio facile e non faticoso." E la sua stanza, il rumore della cisterna, l'incontro col capitano Ortiz e la desolata terra del nord? Non aveva da spiegarle i ferrei regolamenti della guardia, la nuda ridotta in cui si trovava? No, neppure con la mamma poteva essere sincero, nemmeno a lei confessare gli oscuri timori che non gli lasciavano pace.
Nella sua casa, in città, gli orologi, uno dopo l' altro, con voci diverse, adesso suonavano le dieci, ai rintocchi tintinnavano lievemente i bicchieri nelle credenze, dalla cucina giungeva una eco di risata, dall' altra parte della via un canto di pianoforte. Attraverso una strettissima finestretta, quasi una feritoia, dal posto dove sedeva, Drogo poteva gettare uno sguardo verso la valle del nord, quella terra triste; ma adesso non si vedeva che buio. La penna scricchiolava un poco. Benché trionfasse la notte, il vento cominciava a soffiare fra le merlature portando ignoti messaggi, benché dentro alla ridotta si ammucchiassero dense le tenebre e l'aria fosse umida e ingrata, "in complesso io sono molto contento e sto bene" scriveva Giovanni Drogo. 

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