Al tempo che conducevo a spasso Bibì, la cagnolina di mia
moglie, le chiese di Richieri erano a mia disposizione.
Bibì a tutti i costi ci voleva entrare.
Alle mie sgridate, s'acculava , alzava e scoteva una delle due
zampine davanti, starnutiva, poi con un'orecchia sù e l'altra giù stava a
guardarmi proprio con l'aria di credere che non era possibile , non era
possibile che a una cagnolina bellina come lei non fosse lecito entrare in
chiesa. Se non ci stava nessuno!
A me era sempre bastato finora averla dentro, a mio modo, il
sentimento di Dio. Per rispetto a quello che ne avevano gli altri , avevo
sempre impedito a Bibì di entrare in chiesa; ma non c'entravo nemmeno io. Mi
tenevo il mio sentimento e cercavo di seguirlo stando in piedi, anzichè andarmi
a inginocchiare nella casa che gli altri gli avevano costruito.
Quel punto vivo che s'era sentito ferire in me quando mia
moglie aveva riso nel sentirmi che non volevo più mi si tenesse in conto
d’usurajo a Richieri, era Dio senza dubbio: Dio che s’era sentito ferire in me,
Dio che in me non poteva più tollerare che gli altri a Richieri mi tenessero in
conto d’usurajo.
Ma se fossi andato a dire così a Quantorzo o a Firbo e agli
altri socii della banca, avrei dato loro certamente un’altra prova della mia
pazzia.
Bisognava invece che il Dio di dentro, questo Dio che in me
sarebbe a tutti ormai apparso pazzo, andasse quanto più contritamente gli fosse
possibile a far visita e a chedere ajuto e protezione al saggissimo Dio di
fuori, a quello che aveva la casa e i suoi fedelissimi e zelantissimi servitori
e tutti i suoi poteri sapientemente e magnificamente costituiti nel mondo
per farsi amare e temere.
A questo Dio non c’era pericolo che Firbo o Quantorzo
s’attentassero a dare del pazzo.
Vintangelo Moscarda, Uno,nessuno e centomila di Luigi Pirandello
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