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Aspirò una boccata umida di brezza del mattino e fece
entrare azoto, ossigeno, argon, xenon & radon, vapore acqueo, monossido di
carbonio, ,biossido di azoto, piombo tetratile, benzene, particolato di
carbonati e silicati, alcune spore fungine, un’aereoflotta di batteri, un pelo
anonimo, un ectoparassita di piccione, pollini anemofili, una stilla di
anidride solforosa convolata da una remota fabbrica, e un granello di sabbia proveniente da
Tevtikiye, Turchia nordoccidentale, trasportato dallo scirocco nella notte.
Insomma, respirò l’aria della città.
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La vita di un puntuale è un inferno di solitudini
immeritate. Non Crede? (Achille)
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Sì, Achille era un povero eroe colpito dal destino, ma anche
Ulisse era inviso al destino e quando uno è triste non servono le classifiche,
non c’è un tristo metro, è inutile dire sto mediamente peggio di te o
decisamente meglio di te, si diventa tutti ottusi ed egoisti e la propria tristezza
diventa una grande campana in cui ci si chiude, per non ascoltare la tristezza
degli altri. (Achille)
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Te l’ho detto. Qualche volta uso il pelago, per scovare
testi rari. Non leggo i giornali, e la patria televisione l’ho vista per breve
tempo, quando ero ricoverato in ospedale. E’ un luogo di malattia dove tutti
parlano insieme, sovrapponendosi uno all’altro, oppure parlano e fingono di non
ricordare ciò che hanno detto. Esattamente come nei manicomi. Ma lì non rischi
l’elettrochoc, e ti pagano pure. Locus miser! Clinica di lusso, dove il
conformismo festeggia l’impunità di definirsi trasgressione. Caserma di
imboscati, camerateschi con i superiori , sadici con i deboli. Luogo di mostri
gozzuti, condannati a copulare in eterno tra loro. Puzza di morte più della mia
camera….Tu la guardi? (Achille)
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Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di
guardare quell’altare vuoto. Adoratevi l’un l’altro. Ti sembro blasfemo?
(Achille)
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-Non lo so-rispose Pilar- quando guardo questi alberi, penso che il mio posto non è
in una città. Vorrei vivere in un bosco, dove la quercia e il faggio, i rovi e
il muschio hanno uguale diritto di sopravvivenza, tutt‘al più c’è qualche fungo parassita che fa il furbo.
Dove non senti commenti sul colore del tuo tronco, o ti guardano male perché hai
le foglie scompigliate. Oppure sotto il mare, dove nessuno è più forte e
potente degli altri, ci si mangia a vicenda con equanime appetito. O in cima a
una montagna, dove un paio di guanti caldi vale cento smoking. Questo paese
trabocca di parole virtuose, la televisione le ripete cento volte al giorno,
non c’è programma che non sponsorizzi qualche buona causa: eppure è diventato
ogni giorno più razzista e insensibile. O siete sordi, o quelle parole sono
false. (Pilar)
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Per quanto? Un mese, un anno. Poi questo paese mi scaccerà.
Il tuo paese che ha venduto la sua varietà, la sua meravigliosa bastardaggine,
il suo sangue di mille colori, in cambio del privilegio di sedere con i più
forti, che forti non sono, sono soltanto più armati e più disperati. Un paese
che ha tutto, meno il pane della dignità e il vino della speranza. Un paese di
governanti che odiano chi è debole eppure è più vivo di loro, chi non ha potere
eppure ha più futuro di loro. Di miserabili che non vogliono essere giudicati, ma sono già nell’inferno della
storia. Non voglio più vivere qui. (Pilar)
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