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-Viva il nostro glorioso re di stirpe guerrira!
Il tenente di cavalleria era il più vicino ad una grande
tavola coperta di coppe di spumante. Rapidamente, ne afferrò una ancora piena,
la levò in alto e gridò:
-Viva il re di coppe!
Per il colonnello fu un colpo in pieno petto. Guardò il
tenente stupito, come se non credesse ai suoi occhi e alle sue orecchie. Guardò
gli ufficiali, per fare appello alla loro testimonianza, e disse, più desolato
che severo.
-Tenente Grisoni, anche oggi lei ha bevuto troppo.
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-A me pare che, se noi abbiamo, lassù venti battaglioni,
qui, gli Austriaci non possono passare.
-E come lo impediscono i nostri venti battaglioni, da lassù?
Con l’artiglieria? Ma non ve ne abbiamo un solo pezzo e non ve ne potrà essere
uno solo, ché mancano le strade. Con le mitragliatrici e i fucili? Armi
inutili, a tanta distanza. E Allora? Allora, niente. Perché, se noi siamo degli
imbecilli, non è detto che di fronte a noi vi siano comandi più intelligenti. L’arte
della guerra è la stessa per tutti. Vedrà che gli Austriaci attaccheranno Monte
Fior, con quaranta battaglioni e inutilmente. E siamo pari. Questa è l’arte
militare.
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-Venga qui. Si sieda un minuto. Che cosa le avevo detto io?
Ecco, gli austriaci attaccano Monte Fior.
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Ho fatto due anni all’università in lettere. Sempre il primo
del corso. Quella era la mia carriera. Ma mio padre aveva un chiodo nella
testa. Che dico, un chiodo? Una sciabola. Mi ha obbligato ad entrare nella scuola militare. Mio padre
era colonnello, mio nonno generale, mio bisnonno generale, mio trisnonno…insomma
io ho in corpo otto generazioni di ufficiali, in linea retta. Mi hanno rovinato.
Il tenente colonnello parlava lentamente. Beveva a sorsi,
come si centellina, una tazza di caffè.
-Io mi difendo bevendo. Altrimenti, sarei già al manicomio.
Contro le scelleratezze del mondo, un uomo onesto si difende bevendo. E’ da
oltre un anno che io faccio la guerra,
un po’ su tutti i fronti, e
finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda,
tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! E’ orribile!
E’ per questo che ci ubriachiamo tutti, da una parte e dall’altra. Ha mai
ucciso nessuno lei? Lei, personalmente, con le sue mani?
-Io spero di no.
-Io nessuno. Già non ho visto nessuno. Eppure se tutti, di
comune accordo, lealmente, cessassi mo di bere, forse la guerra finirebbe. Ma
se bevono gli altri, bevo anche io.
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Il primo motore è l’alcool. Perciò i soldati, nella loro
infinita sapienza, lo chiamano la benzina.
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-Hurrà!
Il vento soffiava contro di noi. Dalla parte austriaca, ci
veniva un odore di cognac, carico, condensato, come se si sprigionasse da
cantine umide, rimaste chiuse per anni. Durante il canto e il grido dell’hurrà!
Sembrava che le cantine spalancassero le porte e c’inondassero di cognac. Quel
cognac mi arrivava a ondate alle narici, mi si infiltrava nei polmoni e vi
restava con un odore misto di catrame, benzina,resina e vino acido.
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Anch’io rividi, per un attimo, Ettore, fermarsi, dopo quella
fuga affrettata e non del tutto giustificata, sotto lo sguardo dei suoi
concittadini, spettatori sulle mura, slacciarsi, dal cinturone di cuoio
ricamato d’oro, dono di Andromoca, un’elegante
borraccia di cognac, e bere, in faccia ad Achille.
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-Queste sono le famose corazze “Farina”-ci spiegava il
generale,- che solo pochi conoscono. Sono specialmente celebri perché consentono,
in pieno giorno, azioni di audacia estrema. Peccato che siano così poche! In
tutto il corpo d’armata non ve ne sono che diciotto. E sono nostre! Nostre!
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Il battaglione era pronto, le baionette innestate. La 9°
compagnia era tutta ammassata attorno alla breccia dei guastatori. La 10°
veniva subito dopo. Le altre compagnie erano serrate, nella trincea e nei
camminamenti e dietro i roccioni che avevano alle spalle. Non si sentiva un
bisbiglio. Si vedevano muoversi le
borracce di cognac. Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura, dalla
cintura alla bocca. Senza arresto, come le spolette d’un grande telaio, messo
in movimento.
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E’ sui monti di Asago che ho imparato a conoscere due fra i
più caratteristici spiriti della cultura occidentale. Io li conoscevo già, ma
superficialmente, come può conoscerli uno che li legge a tavolino, in città, in
tempi normali. Di loro, non mi era rimasto alcun speciale ricorso. Letti in
guerra, a riposo, sono un’altra cosa. Ariosto era un po’ come i nostri
giornalisti di guerra, e descrisse cento combattimenti senza averne visto uno
solo. Ma che grazia e che gioia nel mondo dei suoi eroi. Egli aveva, certamente
un fondo scettico, ma spinto all’ottimismo. E’ il genio dell’ottimismo. Le
grandi battaglie sono per lui delle piacevoli escursioni in campagne fiorite e
persino la morte gli appare come una simpatica continuazione della vita.
Qualcuno dei suoi capitani muore, ma continua a combattere senza accorgersi d’esser
morto.
Baudelaire è l’opposto. Il sole dell’altopiano era fatto per
illuminare la vita tetra. Come lo studente bolognese, egli avrebbe potuto
vagare nudo sui monti e bere sole e cognac. Egli avrebbe ben potuto fare la guerra a fianco del
tenente colonnello dell’osservatorio di
Stoccaredo. Simile a lui, simile a mille
altri dei miei compagni , gli aveva bisogno di bere per stordirsi e
dimenticare. La vita era per lui, ciò che era per noi la guerra. Ma quali scintille di gioia umana sgorgano
dal suo pessimismo.
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-Sai…così…un uomo solo……io non sparo. Tu, vuoi? Il caporale
prese il calcio del fucile e rispose:
-Neppure io.
Rientrammo a carponi, in trincea. Il caffè era già
distribuito e lo prendemmo anche noi.
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La guerra, per la fanteria, è l’assalto. Senza l’assalto, v’è
lavoro duro, non guerra.
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-Un intelligenza per la quale è sufficiente una minuscola
chiave per aprire una grande porta; una parola per afferrare il significato di
un’ordine, un’intuizione per comprendere subito di primo acchito, un fatto
sconosciuto per esempio…
…..
-Per esempio..che è quello scavo? E’ necessario averlo
costruito per sapere cosa sia? No, o signori, non è necessario. Non occorre
chiederlo. Basta vederlo. Si presenta da
sé. Si intuisce. Che cos’è? E’ un’apposizione di mitragliatrice.
…
L’aiutante maggiore del 2° battaglione, il professore di
greco, era troppo scrupoloso per lasciare passare, senza un’osservazione, quella
che era un’inesattezza. Il suo battaglione era riserva di brigata ed egli
conosceva bene il suo settore. L’esattezza, innanzi tutto.
Egli fece un passo avanti e disse:
-Permette, signor generale?
-Dica pure-rispose il generale
-Per la verità signor Generale, per la verità, non una appostazione
di mitragliatrice.
-E che cos’è?
-Una latrina da campo
Fu un brutto momento, per tutti. Il generale tossì. Anche
qualcuno di noi tossì. La conferenza era finita.
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-In materia, l’esperienza non serve a un gran che.
-L’esperienza serve a valutare la vita per quello che è e
non per quello che si vorrebbe che fosse. Lei, in confronto a me è un ragazzo.
Quando si ha una donna, lontana mille chilometri, la sola cosa utile da farsi è
quella di dimenticarla. Poche illusioni! Non resta altro da fare. E per
dimenticare , non c’è che questo.
-Perché se non si dimenticasse, non ci rimarrebbe altro che
spararsi un colpo di pistola
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COMANDANTE DELLA 10° Noi siamo entranti in guerra con i capi
politici e militari impreparati. Ma questo non è un argomento per indurci a
gettare le armi.
OTTOLENGHI i nostri generali sembra che ci siano stati
mandati dal nemico per distruggerci.
UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI E’ vero.
COMANDANTE DELLA 11° è purtroppo così.
OTTOLENGHI e attorno a loro, una banda di speculatori,
protetti da Roma, fa i suoi affari sulla nostra vita. Lo avete visto l’altro
giorno con le scarpe distribuite al battaglione. Che belle scarpe! Sulle suole,
con bei caratteri-colori c’era scritto VIVA L’ITALIA. Dopo un giorno di fango,
abbiamo scoperto che le suole erano di cartone vernciato color cuoio.
UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI questo è vero.
COMANDANTE DELLA 11° Disgraziatamente è così!
OTTOLENGHI le scarpe non sono che un’inezia. Ma il terribile
è che hanno verniciato la stessa nostra vita, vi hanno stampigliato sopra il
nome della patria e ci conducono al massacro come pecore.
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-Non è la guerra di fanterie contro fanterie, di artiglierie
contro artiglierie. E’ la guerra di cantine contro cantine, barili contro
barili, bottiglie contro bottiglie. Per conto mio gli austriaci hanno vinto. Io
mi dichiaro vinto. Mi guardi bene: io ho perduto. Non trova lei che ho l’aspetto
d’un uomo disfatto?
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