Agilulfo trascina un morto e pensa: «O morto, tu hai quello che io mai ebbi né avrò: questa carcassa. Ossia, non l’hai: tu sei questa carcassa, cioè quello che talvolta, nei momenti di malinconia, mi sorprendo a invidiare agli uomini esistenti. Bella roba! Posso ben dirmi privilegiato, io che posso farne senza e fare tutto. Tutto - si capisce - quel che mi sembra piú importante; e molte cose riesco a farle meglio di chi esiste, senza i loro soliti difetti di grossolanità, approssimazione, incoerenza, puzzo. È vero che chi esiste ci mette sempre anche un qualcosa, una impronta particolare, che a me non riuscirà mai di dare. Ma se il loro segreto è qui, in questo sacco di trippe, grazie, ne faccio a meno. Questa valle di corpi nudi che si disgregano non mi fa piú ribrezzo del carnaio del genere umano vivente».
Gurdulú trascina un morto e pensa: «Tu butti fuori certi peti piú puzzolenti dei miei, cadavere. Non so perché tutti ti compiangano. Cosa ti manca? Prima ti muovevi, ora il tuo movimento passa ai vermi che tu nutri. Crescevi unghie e capelli: ora colerai liquame che farà crescere piú alte nel sole le erbe del prato. Diventerai erba, poi latte delle mucche che mangeranno l’erba, sangue di bambino che ha bevuto il latte, e così via. Vedi che sei piú bravo a vivere tu di me, o cadavere?»
Rambaldo trascina un morto e pensa: «O morto, io corro corro per arrivare qui come te a farmi tirar per i calcagni. Cos’è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglie e d’amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre? Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; ma cosa cambia? Nulla. Non ci sono altri giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l’esercito franco. Di abbracciare, abbracciato, la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano nel bussolotto. E io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace».